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TAI - TUSCAN ART INDUSTRY 2017 / GRAND TOUR





Immaginiamoci esploratori, viaggiatori del tempo
Lorenzo Banci


Immaginiamoci di imbatterci improvvisamente nella visione di un paesaggio perduto, rimasto sepolto appunto nel nostro immaginario … Eppure quella specie di cattedrale è lì da molto tempo, un lustro abbondante, forse un secolo! O più?
Sarà stato un carbonizzo, una gualchiera, o uno degli opifici così detti a ciclo completo che un tempo operavano numerosi sul territorio?
Molte Fabbriche sono ormai ridotte a rudere, abbandonate da molti anni,sepolte dalla vegetazione che inesorabile tende a riappropriarsi dei suoi spazi originari. Che strano, così ci appaiano ancor più integrate nell’insieme paesaggistico: ossute costruzioni dalle quali echeggiano ancora le voci o le urla di chi vi operava, miscelate al frastuono delle macchine, agli acri e mefitici odori delle lavorazioni che allora animavano con folle vivacità quei luoghi. La Città!
Certo, come esploratori, una fotografia ci restituirebbe nell’immediato l’insieme del paesaggio ma forse con un’istantanea ne cattureremmo soltanto la superficie portando con noi un ricordo di una “gita” particolare attraverso insoliti itinerari…
Prendiamoci invece il nostro tempo, tutto il tempo necessario per affondare i nostri passi nel terreno dei piazzali posti davanti alle Fabbriche, cominciamo a ricordare, a riascoltare il traffico di mezzi e merci che li attraversavano, guardiamo anche il “piccolo”, i particolari, i dettagli che compongono la grande struttura, giriamogli intorno, percorriamo il periplo di queste isole che sembrano adesso, proprio come i nostri passi, sprofondare nel suolo, oppure improvvisamente tornare ad erigersi sotto al nostro sguardo ancor più maestose di allora. Testimonianze di sagge Imprese.
Oggi sembra di trovarsi davanti ad una scultura più che ad una struttura architettonica: lo sgretolarsi del cemento scopre i ferri che lo armavano, gli intonaci si gonfiano e cadono polverizzati svelandoci la muratura, la “muscolatura” in mattoni o pietra, o spesso un mix dei due elementi, che come un corpo spellato mostra la sottostante texture e la sua ricchezza pittorica…. I grandi finestroni rettangolari in ferro, suddivisi a loro volta in tanti rettangoli più piccoli, sembrano spartiti ritmicamente dall’alternanza di vetri che hanno resistito al tempo e di vetri mancanti, infranti. Ad osservarli meglio alcuni finestroni sembrano tanti occhi, sguardi che come in uno scambio reciproco osservano Noi che scrutiamo il loro essere…. Ancora qualche ciminiera resiste alla gravità, alle intemperie andando a completare il complesso della fabbrica, l’elemento verticale nella dinamica compositiva dell’intera forma…
…Un profondo respiro sulla soglia del grande ingresso ed entriamo.
Entriamo quasi fossimo in apnea, sospesi nel grande corpo, nel ventre di una balena arenata. Lo sguardo ruota istintivamente a 360 gradi e poi, incerti dei nostri stessi passi cominciamo a percorrere la navata centrale, sì perché la sensazione che si ha è proprio quella di violare un luogo sacro, ma la curiosità di un esploratore è forte e allora continuiamo rispettosi a percorrere il dedalo di spazi che via via si celano al cospetto del nostro stupore.
Da qualche parte c’è stato un crollo della copertura, le macerie sono ammucchiate in un cumulo dove qualche specie di erba selvatica è riuscita a crescere, grazie anche alla luce che passa dai lucernai delle coperture, fonte di luce ideale per quelle che erano le necessità di chi operava alle varie fasi della lavorazione tessile.
Quindi c’è, anche se di altra origine, oggi come un tempo uno scambio tra interno ed esterno della Fabbrica?
Evidentemente sì, per esempio le superfici dei finestroni osservati poco prima dall’esterno (quegli occhi neri, spenti anche se ancora capaci di suggestionarci con il loro spettrale “sguardo”), visti ora dall’interno sembrano tornati ad una vivace luminosità data dalla retro illuminazione solare dell’esterno, la quale ne amplifica tutta la loro ricchezza pittorica e del disegno: come fossero grandi light box ne sono evidenziate le incrinature dei vetri, lo sporco e le ragnatele stratificate su di essii. Alcuni tralci secchi di vitalba ne percorrono arrampicandosi le superfici stagliandosi nel controluce come segni incisi, marcati fortemente da una matita nera, le varie tipologie di vetro filtrano diversamente la luce offrendoci vibrazioni e tonalità diverse della luce stessa; alcuni di quei vetri non ci sono più e proprio attraverso di essi si scorgono piccole porzioni di paesaggio esterno che diventano piccole pitture indipendenti ma allo stesso tempo tasselli facenti parte di una composizione più grande e articolata… Tutto questo mondo in una finestra di una Fabbrica abbandonata? Prima, quando la Fabbrica era in attività, si poteva di notte osservare dall’esterno l’esatto opposto, potremmo dire il rovescio della stessa medaglia, quando la luce artificiale del turno di notte illuminava le vetrate di vibranti nuances, come sul pelo dell’ acqua si riflette il cielo e le brezze ne increspano lo specchio.
Il nostro viaggio continua all’interno della ex fabbrica tra oscure zone d’ombra scalfite qua e là da tagli di luce accecante, e altrove invase da una vellutata luce diffusa che come polvere decanta lentamente nel corso del tempo e si deposita su macchinari rimasti immobili, ancorati al pavimento quasi fossero in attesa di tornare a scandire la vita col loro infernale ritmo.

 

TAI – Tuscan Art Industry /GRAND TOUR
a cura di SC17
Prato - Val di Bisenzio : 03/10/2017 al 12/11/2017