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Palazzo Strozzi
Yan Pei-Ming
Pittore di storie

 
Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


Conversation Piece
Yan Pei-Ming - Arturo Galansino


«Il ritratto è come uno specchio, riflette chi siamo, cosa siamo»

Gli autoritratti, potenti e intensi, hanno un ruolo insostituibile nell’arte di Yan Pei-Ming e rivelano, come per tutti gli artisti, il suo pensiero e la sua sensibilità. In Nom d’un chien ! Un jour parfait, (Porca miseria! Un giorno perfetto), titolo originato dall’esclamazione di un critico davanti all’opera, il pittore si rappresenta frontalmente, a figura intera, in pose che evocano la crocifissione, uno dei temi dell’iconografia cristiana che affronta di frequente, anche per la sua volontà di costituire un esempio di sincretismo culturale tra Oriente e Occidente. Nel trittico monumentale sceglie dunque di impersonare sia Gesù che i ladroni, di eliminare le croci pur mantenendo la tradizionale posizione dei piedi e, per queste figure che galleggiano in uno spazio indefinito, di sostituire il perizoma con degli anacronistici pantaloncini jeans. I pugni chiusi con energia, portati al petto nella tela centrale, evocano un’emersione dagli abissi alla superficie, quasi in cerca di aria per respirare.
Nella sala è presente anche un carrello su cui l’artista ha stratificato dal 1996 i residui di vernice delle opere: costituisce dunque un compendio di oltre venticinque anni del suo lavoro, un ritratto tridimensionale che rappresenta anche in modo concreto, strato dopo strato, il tempo che passa.

Arturo Galansino - La mostra a Palazzo Strozzi si apre con un autoritratto (Nom d'un chien! Un jour Parfait), ma per la prima volta e affiancato da un oggetto del tuo studio fatto dei resti dei tuoi dipinti, una sorta di autoritratto tridimensionale, legato all'aspetto materico del tuo lavoro. Come si è venuto creando nel corso dei decenni?

Yan Pei-Ming - Ho iniziato ad accumulare la vernice nel 1996, con l'idea di lasciare una traccia. Prima di allora gettavo gli avanzi di pittura nella spazzatura. Poi un giorno ho iniziato ad unire gli avanzi su un vecchio carrello di metallo. Dopo qualche anno, la pila stava già diventando piuttosto alta. Così ho deciso di ingrandire il carrello. L'ho tagliato al centro e l’ho reso più largo, mantenendo però le vecchie ruote. Poi ho messo al centro un'asta di metallo con molte croci per sostenere la materia. Questo accadeva più di venticinque anni fa. Quello che mi interessa è il tema del tempo: se ci sono così tanti residui di pittura, significa che c'è altrettanta pittura applicata alle tele. Direi che il 3% dei resti di pittura si trova su questa struttura, il 2% sul pavimento e il 95% sulla tela. Questo carrello con i resti di vernice è in un certo senso il mio autoritratto come pittore. È la rappresentazione del tempo che passa. Volevo esporlo già due o tre anni fa, ma non ne ho avuto la possibilità. Palazzo Strozzi è il luogo ideale per esporre questo mucchio di pittura di fronte al trittico Nom d'un chien! Un jour Parfait.

AG - Dai molta importanza ai titoli che scegli: qual è il significato di Nom d’un chien! Un jour parfait?

YPM - L'espressione “Nom d'un chien !” (Porca miseria!) esprime sorpresa. Un giorno Xavier Douroux, uno dei fondatori di Le Consortium è venuto a trovarmi nello studio. Quando ha visto questo lavoro ha esclamato; “Nom d’un chien!”. Immediatamente mi sono detto che avevo il mio titolo. Era molto sorpreso dal dipinto e io ero sorpreso che avesse gridato in quel modo. Poi ho aggiunto: “Un giorno perfetto”. Quindi il titolo è stato molto spontaneo. Ma quando mi vengono in mente i titoli, possono essere molto variabili: alcuni sono spontanei, altri sono il frutto di una riflessione accurata, altri ancora il risultato di una discussione…

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«Il ritratto è il centro del mio universo»

I ritratti sono spesso legati al privato di Yan Pei-Ming, come quelli della madre, cui ha dedicato un solo dipinto quando era viva, riservandole, dopo la morte avvenuta nel 2018, opere di formato monumentale che rappresentano un omaggio sentito e una testimonianza del suo affetto filiale. Anche l’attenzione dell’artista per la figura di Buddha costituisce un atto di ossequio nei confronti di lei, profondamente religiosa, e insieme un ricordo nostalgico dell’infanzia: «Sin da piccolo sono stato attratto da tutto ciò che riguarda il buddhismo» spiega «perché sono nato in un tempio, e ho respirato la cultura buddhista da subito».
Ed era destinato alla madre il primo Buddha che ha dipinto da bambino, poiché durante la Rivoluzione culturale, con la repressione del culto, queste immagini erano proibite e il piccolo Ming ne dipingeva per i parenti. Ricordando la religiosità materna, da adulto ha ricominciato a rappresentare la figura di Buddha in serie, come riferimento alla successione delle sculture nei templi. Il delicato scenario, invece, rappresenta «un paesaggio ideale, una specie di paradiso, dove vorrei che mia madre vivesse».

AG - Dopo il tuo viaggio di studio ad Amsterdam nel 1983 e la scoperta degli autoritratti di Rembrandt e Van Gogh, hai smesso di dipingere e hai ricominciato solo nel 1994. Eri troppo giovane e sei stato sopraffatto dalle loro opere? O come spieghi altrimenti la tua reazione?

YPM - Sin da quando ero molto giovane ho sempre disegnato autoritratti. Quando ho scoperto gli autoritratti di Rembrandt e Van Gogh ero in un periodo in cui dipingevo soprattutto ritratti di persone anonime o scene espressioniste. Non credo di essere stato sopraffatto dalle loro opere, è solo che in quel periodo avevo altri interessi. Volevo anche evitare di realizzare opere troppo figurative.

AG - E i tuoi autoritratti?

YPM - L'autoritratto è un soggetto ineludibile e affascinante per tutti i pittori. Dipingere un ritratto di sé stessi significa mettere in gioco l'autostima dell'artista. C'è un lato eterno nell'autoritratto di Rembrandt, Picasso, Van Gogh… credo che tutti i pittori, me compreso, siano affascinati dagli autoritratti di altri artisti. Direi che rivelano il modo in cui si esprimono.

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«Il funerale di Monna Lisa significa seppellire Monna Lisa. Monna Lisa è un mistero, come la morte stessa»

Mentre viveva ancora in Cina Yan Pei-Ming conosceva dell’arte occidentale antica quasi solo la Gioconda e gli affreschi di Michelangelo alla Sistina. L’opera di Leonardo ha assunto dunque un significato profondo nel suo immaginario e, dal 2009, quando è stato invitato a confrontarsi al Louvre con l’opera, l’artista ha ripensato il ritratto più famoso al mondo dipingendo il funerale della protagonista e inserendo nella scena la propria vicenda personale. Oltre ad aver ampliato il paesaggio dell’originale nelle due tele ai lati di Monna Lisa, ha collocato sulla parete di sinistra il ritratto del padre in ospedale e allestito di fronte le proprie immaginarie esequie, rappresentandosi da giovane. Con questo inserimento privato in una delle opere più iconiche della storia, Yan Pei-Ming affronta il tema del rapporto tra padre e figlio, uno degli archetipi primordiali, inscenando una morte che vada contro il principio naturale della vita, secondo cui dovrebbero essere i figli a seppellire i padri, e dà vita al dramma che un detto cinese racchiude nelle parole: “I capelli bianchi partecipano al funerale dei capelli neri”.
Nonostante il rapporto distaccato che Yan Pei-Ming ricorda di aver avuto col padre, uomo taciturno e riservato, dai suoi lavori emerge un sentimento profondo, ancestrale, che fa assurgere il ritrattato a figura paradigmatica dell’Uomo.

AG - Qual è il tuo approccio ai grandi maestri del passato?

YPM - Mi sono nutrito di grandi maestri italiani fin da quando ero molto giovane: Caravaggio, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Tiziano… Per loro uso la pittura monocromatica. Non li affronto sul piano del colore, ma su quello dell'ombra e della luce, del formato, del gesto pittorico. Se mi occupo di soggetti eterni, li affronto in modo contemporaneo, come quando rappresento una crocifissione tratta dal film Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini.

AG - Con che criterio scegli le opere che evochi? Empatico? Estetico? Formale?

YPM - Mi piacciono i soggetti tragici perché li trovo eterni. L'empatia è un modo per esprimermi nella pittura. I soggetti che scelgo suscitano in me un'emozione immensa, come El 3 de Majo di Goya. Mi chiedo come può un uomo fucilare un altro uomo?

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«Sono interessato ai grandi pittori, non faccio che nutrirmi del loro lavoro»

Yan Pei-Ming si appropria delle rappresentazioni degli artisti del passato ma le rielabora rendendole vive e pulsanti, come avviene per la raffigurazione – nell’originale cristallizzata e finalizzata a scopi propagandistici – di Marat assassiné, messa in scena da David nel 1793. L’artista sceglie poi di virare al bianco e nero l’Exécution, après Goya (originale del 1814), in cui elimina i cadaveri che giacciono sul terreno trasformandoli in lampi che illuminano la scena notturna e concentrandosi sull’esecuzione: tutte le figure che rappresenta sono ancora in vita, volendo mostrare solo «gli uomini che resistono».
Come Bacon, Yan Pei-Ming è stato profondamente colpito dal Ritratto di Innocenzo X di Velázquez del 1650: «Sono rimasto affascinato… Il colore è fantastico. Mi ha ispirato molto». L’immagine del pontefice viene trasformata in simbolo del potere, nella sua personificazione, al pari di Napoleon, ispirato al bozzetto per il grande quadro di David al Louvre (1805-1807), in cui il còrso si auto-incorona alla presenza di uno sconfitto Pio VII – che Yan Pei-Ming elimina – per dimostrare il proprio rifiuto dell’autorità papale. Come Innocenzo X incarna insieme l’autorità religiosa e politica, analogamente queste prerogative vengono riunite in Napoleone, il cui gesto sancisce un passaggio che ha segnato la storia.

AG - E con altri artisti come Bacon? In mostra abbiamo il Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez. Ha avuto un peso per te l'ossessione che il dipinto ha rappresentato per Bacon?

YPM - Bacon dipinge d’apres Velázquez e anch'io dipingo d’apres Velázquez. Bacon trasmette un'emozione del dopoguerra: mostra l'angoscia dell'uomo, la sua tragedia… È una pittura forte sull'immagine, sulla pittoricità, sul colore così sulla deformazione. È uno dei miei pittori preferiti, è imprescindibile. Per me è più difficile dipingere d’apres Bacon, preferisco dipingere après Velázquez. Sono rimasto affascinato quando ho scoperto i ritratti di papa Innocenzo X. Il colore è fantastico. Mi ha ispirato molto e volevo lavorare, come Bacon, d’apres Velázquez.

AG - Il potere è al centro del tuo progetto Game of Power che comprenderà circa trecento ritratti di personaggi famosi, ma che è stato preannunciato dalla scelta di soggetti affrontati da artisti del passato, come L'Empereur Napoleon 1er se couronnant lui-meme, dipinto da David o il Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez. Da dove nasce il tuo interesse per il tema?

YPM - Fin da quando ero molto giovane, ho sempre realizzato ritratti legati al potere. All'epoca in Cina, ho iniziato con la pittura di propaganda. Game of Power è una serie in evoluzione che svilupperò nel corso degli anni. Potrebbero esserci trecento, quattrocento, cinquecento, dipinti…. Ne aggiungerò altri ogni anno. Per il resto, scelgo soggetti affrontati da grandi pittori che influenzano, e hanno influenzato, generazione di pittori (come Velasquez). Ciò che mi interessa, al di là del potere, è piuttosto la storia degli uomini di potere. La storia contemporanea diventa la storia del domani. Per esempio quando dipingo l’arciduca Francesco Ferdinando, questo quadro evoca l’evento che ha causato la Prima guerra mondiale. La storia è fatta di conflitti ricorrenti.

Yan Pei-Ming Yan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«La storia è una tragedia, crudelissima, che travolge l’umanità»

La copertina del «Time» che il 31 dicembre 2007 nominava «persona dell’anno» Vladimir Putin, definendolo Tsar of the New Russia, aveva sollecitato Yan Pei-Ming a rappresentarlo in un trittico. Nel 2022 la copertina di fine dicembre, che la rivista americana riserva a chi ha segnato gli ultimi dodici mesi, è stata dedicata a Volodymyr Zelensky & the Spirit of Ukraine e Yan Pei-Ming ne ha tratto ispirazione per un altro trittico ad acquarello, immaginando che «le due opere avrebbero potuto confrontarsi e scontrarsi». Per rafforzare l’immagine centrale l’artista ha utilizzato i colori della bandiera ucraina, potente simbolo d’indipendenza e appartenenza di un popolo, con il blu a simboleggiare la pace e il giallo i campi di grano.
Recentemente, spronato dalle ripetute atrocità via via trapelate sulle operazioni militari in Ucraina, ha completato i ritratti con una nuova grande opera in cui innumerevoli teschi – un “campo di crani” – sono immersi nel sangue, come forte e drammatico riferimento agli orrori di tutte le guerre. I teschi sono comunque un tema che Yan Pei-Ming ha affrontato frequentemente, riprendendo le antiche vanitas che alludono alla transitorietà della vita, in opere intimiste legate ai propri autoritratti, e utilizzando la TAC del proprio cranio.

AG - Come affronti la storia dell'oggi? In mostra abbiamo due trittici (hai utilizzato, dunque, un formato antico), uno raffigura Vladimir Putin, Tsar of The New Russia (Vladimir Putin, zar della nuova Russia) a cui hai affiancato più recentemente Volodymyr Zelensky & The Spirit of Ukraine) (Volodymyr Zelensky e lo Spirito dell'Ucania) Un pittore che oggi affronta temi politici dovrebbe prendere una posizione?

YPM - Il trittico Vladimir Putin, Tsar of The New Russia (2008) è stato realizzato quando ho visto una copertina del “Time” del 2007. Ho reagito immediatamente: “Questo è il mio soggetto”. A Palazzo Strozzi ci sono due piccole sale. Volevo esporre quest'opera, ma non avevo motivo di farlo. Quando ho visto Zelensky sulla copertina del “Time” del 2022 ho capito come le due opere potessero scontrarsi. L'arte della pittura è già un impegno. Faccio una dichiarazione, mi esprimo nel quadro, lo mostro agli spettatori e poi sta a loro reagire. Piango i nostri tempi e allo stesso tempo sono felice di vivere in questo mondo. Siamo tutti di passaggio, mentre la terra continuerà a girare.

AG - Cosa significa oggi essere un pittore di storia?

YPM - Essere un pittore di storia contemporanea significa diventare un pittore di Storia (in assoluto) in pochi anni.

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista»

Inizialmente Yan Pei-Ming ha dipinto volti di persone anonime, a eccezione di Mao Zedong, soggetto imprescindibile della pittura di propaganda durante la Rivoluzione culturale (1966-1976), la cui immagine è diventata fondamentale per l’artista, che l’ha integrata nella propria storia, soprattutto dopo che, lasciata la Cina, ha potuto estrapolarne la figura dalla tradizione agiografica. Una parte del lavoro di Yan Pei-Ming è dedicata a soggetti che fanno parte dell’immaginario che gli europei hanno della Cina: la tigre e il dragone, Buddha e Bruce Lee. L’attore – un mito, esempio perfetto degli esordi della globalizzazione, pensato come anello di congiunzione tra Hollywood e Hong Kong – è collegato alla tigre e al dragone, due delle figure del Kung-Fu Shaolin, uno dei principali e più antichi stili di arti marziali cinesi. Il drago, simbolo di buon auspicio, emblema stesso della Cina, ha un ruolo preponderante nella mitologia e incarna il concetto di yang, elemento maschile.
È anche – come la Tigre – uno dei dodici segni zodiacali cinesi, ma l’unico a essere un animale leggendario, dai lunghi baffi e le cui zampe terminano in artigli affilati. Precetti, quelli della pratica marziale orientale, che sembra si possano applicare anche alla pittura di Yan Pei-Ming.

AG - Yann Pei-Ming tra Oriente e Occidente: Dragoni, tigri, Bruce Lee e Buddha parlano del tuo mondo ancestrale, ma vivi soprattutto in Occidente e ne hai interiorizzato l'immaginario figurativo e culturale. Ti senti diviso o hai fatto convivere le due realtà?

YPM - Sono nato e cresciuto a Shanghai. Poi, a vent'anni, sono arrivato in Francia, dove ho frequentato la scuola d'arte. Questo mi ha fornito una lettura dell'arte occidentale. Quando si vive a Shanghai per vent'anni non si può mai essere completamente sradicati dalla propria cultura cinese. E’ come se fossi stato “trapiantato” altrove, in Occidente, il che mi rende una commissione tra le due culture, francese e cinese. Ciò che mi interessa di più è l'espressione personale e artistica. Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista.

AG - Per la mostra di Palazzo Strozzi hai dipinto un dragone di grande potenza, una figura che nell'immaginario occidentale si associa immediatamente alla mitologia cinese. Qual è il suo significato per te?

YPM - Nell'anno del Drago in Cina ci sono sempre più nascite. Tutti i genitori cinesi Sperano che i loro figli siano draghi. E’ un anno di nascita superiore agli altri. Simbolicamente, il drago è legato alla figura dell'imperatore e rappresenta saggezza, potere e fortuna. Per il Palazzo Strozzi ho dipinto un drago della stessa altezza di un quadro di Bruce Lee. Entrambi saranno nella stessa sala. Il nome di battesimo di Bruce Lee in cinese è Li Xiao Long, che significa “il piccolo drago”.

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«L’attualità che racconto diventerà un giorno pittura di storia»

Il corpo di Pasolini ritrovato all’idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975 e quello di Aldo Moro lasciato il 9 maggio 1978 dalle Brigate Rosse a Roma nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, a uguale distanza delle sedi del Partito Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana, sono tra le vicende più drammatiche della storia italiana dell’ultimo secolo.
Yan Pei-Ming sceglie di presentare la dimensione pubblica di questi eventi già divenuti storici, sebbene non troppo lontani cronologicamente dall’oggi. Le immagini, quasi astratte a distanza ravvicinata, macchie di colore che si intrecciano e sovrappongono, acquisiscono nitidezza solo da lontano; lo stesso distacco necessario affinché avvenimenti di un passato prossimo possano essere compresi e analizzati. Durante il soggiorno romano del 1993- 1994 Yan Pei-Ming aveva apprezzato, oltre all’arte antica, anche la produzione cinematografica italiana e in particolare Roma città aperta di Rossellini e Mamma Roma di Pasolini, i cui fotogrammi ha poi riletto nelle proprie tele. Più recentemente attraverso la Crucifixion, ispirata al pasoliniano Vangelo secondo Matteo, ha amplificato la crudissima scena del ritrovamento del corpo del regista.

AG - Nella mostra abbiamo una sequenza di opere legate alla storia italiana più drammatica dell'ultimo secolo, riunite quasi in una trilogia: il corpo di Mussolini appeso a testa in giù assieme a quello della sua amante (29 aprile 1945), il ritrovamento del corpo di Pasolini (2 novembre 1975); il ritrovamento del corpo di Aldo Moro (9 maggio 1978). In tutti e tre i casi non è il momento della morte, ma quello in cui l'immagine della morte è stata mostrata al mondo. Spesso rappresenti funerali, ma in questi casi si tratta invece della dimensione “spettacolarizzata” di un evento storico: nessuno si ricorda le esequie pubbliche, mentre queste immagini sono entrate nell'immaginario collettivo.

YPM - Le immagini desunte dagli organi di stampa costituiscono una documentazione importante, a volte sono scatti di grandi reporter. Grazie alla pittura a olio l'immagine diventa un quadro, e questo le conferisce una qualità sacra. Ciò che mi interessa e lavorare sulla storia, in particolare su quella italiana, facendo emergere la forza della pittura. La scala gioca un ruolo importante: lo spettatore può entrare nel quadro, che è realizzato in un formato gigantesco. La morte è la tragedia dell'uomo, non possiamo essere indifferenti.

AG - La crocifissione è un tema ricorrente nelle due opere. In che modo ti ha ispirato Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, considerato che hai anche dipinto la drammatica scena del ritrovamento del corpo del grande intellettuale?

YPM - Il film è straordinario. La presenza della Crucifixion (Crocifissione) e della scena del ritrovamento del corpo di Pasolini nella stessa sala crea una tensione visiva nella mostra. Ho voluto rendere omaggio alla grandezza di questo grande uomo e personaggio.

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«Per me il tema è la pittura, prima di tutto»

Il titolo dell’opera si riferisce alla citazione biblica della Genesi (4:11-16) in cui Caino, dopo aver ucciso il fratello Abele, viene maledetto dal Signore che lo scaccia «lontano dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti e tu sarai vagabondo e fuggiasco sulla terra». Allora Caino «si allontanò dal Signore e visse nel paese di Nod, a est dell’Eden». Yan Pei-Ming trasforma gli uomini con i loro istinti primordiali in animali feroci – orsi, leoni, lupi, bufali, aquile, tigri, gorilla – che, esiliati dal paradiso terrestre, si affrontano e sbranano con violenza per suggerire la lotta per la sopravvivenza che ha da sempre accompagnato la storia umana.
Il monumentale dittico, scurissimo e materico, è dipinto da Yan Pei-Ming, «come se stessi facendo la guerra», un combattimento, un corpo a corpo con la pittura, attraverso pennellate violente inferte come fendenti sulla tela. Per le lotte tra animali in un contesto boschivo che uniscono il paesaggio alla pittura animalista, Yan Pei-Ming si è ispirato ai dipinti di Gustave Courbet, artista che conosceva e amava già quando era ancora in Cina, dove era tenuto in alta considerazione soprattutto perché era stato un rivoluzionario che aveva preso parte alla Comune socialista parigina del 1871.

AG - Qual è il significato di À l'est d'Éden?

YPM - Il titolo dell'Opera si riferisce alla citazione biblica della Genesi, capitolo 4: “Caino si allontanò dal Signore e visse nel paese di Nod, a est dell'Eden”. Nel mio dipinto gli animali sono fuori dal paradiso e stanno combattendo tra loro.

AG - Come affronti tecnicamente le tue opere? Il tuo è un gesto ampio, rapido, fatto di pennellate riconoscibili. Come procedi nel tuo lavoro?

YPM - Prima ho un'idea, poi dipingo direttamente sulla tela. Tecnicamente, è molto aleatorio. Cerco di donare la pittura. Mi esprimo liberamente: per ogni quadro seguo esigenze e tecniche pittoriche diverse. Nella pittura c'è un'evoluzione a lungo termine, risolvo sempre ogni quadro in modo diverso.

Yan Pei-MingYan Pei-Ming. Pittore di storie, 2023, Palazzo Strozzi, Photo Ela Bialkowska OKNOstudio


«La morte è sempre presente. Per chiunque, e in qualsiasi momento, è presente»

La Seconda guerra mondiale e i suoi drammi, di cui vengono presentati i momenti conclusivi, sono racchiusi in due potenti lavori di Yan Pei-Ming: quello che rappresenta il corpo di Mussolini – giustiziato il 28 aprile 1945 nel comasco e il giorno seguente appeso a testa in giù a Milano a Piazzale Loreto assieme all’amante Claretta Petacci – e quello del ritratto di Adolf Hitler ispirato a Der Bannerträger dell’artista austriaco Hubert Lanzinger (1880-1950). Questo dipinto celebrava nel 1933 la presa del potere del Nazionalsocialismo attraverso la figura del Führer a cavallo che indossa un’armatura medievale e regge in mano uno stendardo con la croce uncinata. Al termine del conflitto i militari americani confiscarono l’opera e, dopo aver forato per spregio l’occhio dell’icona del male, la trasferirono a Washington, all’United States Army Center of Military History, il centro che riunisce gli archivi storici dell’esercito degli Stati Uniti d’America. Yan Pei-Ming ha utilizzato dunque una foto e un dipinto come fonte d’ispirazione per rappresentare un’epoca fosca, tragica, evocata dal cane che diviene trasfigurazione della ferocia umana e da un cupo paesaggio boschivo notturno, cui la scala e la tavolozza conferiscono una dimensione allegorica.
La macchia dipinta sull’occhio di Hitler, poi, rimarca la volontà di damnatio memoriae di un’epoca terribile per la sua mancanza di umanità.

AG - Hai affermato: “La pittura non è una carezza” e la frase è perfettamente comprensibile pensando sia alla vibrante potenza delle tue pennellate, che è ai temi forti e spesso drammatici che affronti: più percosse che gesti affettuosi.

YPM - I soggetti drammatici mi interessano sempre. E’ come quando si guarda un film drammatico: dopo lo spettacolo ci si interroga. Ogni spettatore vuole percepire una sensazione. Per questo dico che “La pittura non è una carezza”. L'idea è quella di esprimere, di mostrare un sentimento, una sensazione, attraverso la pittura. “La pittura non è una carezza” significa che mi piace il gusto pungente. Non dipingo mai in salsa agrodolce. Ma l'empatia è sempre nella pittura, anche se il gesto è drammatico, violento.

AG - Perché hai scelto di ispirarti al quadro di Hubert Lanzinger che raffigura Adolf Hitler come antico guerriero teutonico, simbolo del potere, ma a cui i militari americani in una furia iconoclasta forarono l'occhio, confiscando in seguito l'opera e portandola a Washington, dove è conservata allo United States Army Center of Military History?

YPM - Francesco Bonami mi ha mostrato questo quadro, che all'epoca mi ha molto colpito e interessato. In seguito ho fatto delle ricerche. Ispirarsi a quest'opera significa ricreare l'epoca dei pittori di propaganda tedeschi. Mostra anche il periodo della Seconda guerra mondiale. Non è un quadro realistico, è più un quadro di propaganda… Quando i soldati americani l'hanno scoperto hanno forato la tela sotto l'occhio. Volevo anche io dare l'impressione che la tela avesse un buco, mettendo una macchia nera sul volto di Hitler.

 

Yan Pei-Ming | Pittore di storie «»
a cura di Arturo Galansino
Palazzo Strozzi 7 luglio - 3 settembre 2023
@ 2023 Artext

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