– un titolo che segna tutta la distanza possibile tra la disciplina, il divenire della migrazione delle anime e le neuroscienze, impegnate nella localizzazione cerebrale, e quindi nella riduzione fisica, delle facoltà psicologiche. Puoi parlare già da questo titolo della mostra a Villa Rospigliosi?
è la prima personale di Marco Rossetti presentata negli spazi della ex-limonaia di Villa Rospigliosi, all’interno del programma culturale dell’associazione
. Il titolo è effettivamente il primo di tanti livelli narrativi di cui questo progetto si compone. Un titolo che racconta di un graduale processo di costruzione di senso, la cornice che tiene insieme le tante storie raccontate. Un titolo emerso nel corso dell’evoluzione dell’impianto artistico, frutto di una serie di straordinarie coincidenze. Innanzitutto, possiamo dire che è citazione dell’omonima canzone dei Police,
, che Sting scrisse dal retro di un van in viaggio, utilizzando per la prima volta una Casiotone, quella tastiera elettronica che sintetizzava magicamente i suoni degli strumenti e che la Casio cominciò a produrre all’inizio degli anni ’80. Oltre i ritmi ipnotici e una certa difficoltà tecnica riscontrata dallo stesso batterista Stewart Copeland, il testo della canzone è un commento sulla natura dell’esistenza umana e sul fallimento delle nostre istituzioni. Riportata parzialmente in esergo del booklet della mostra, la canzone fu pubblicata nel 1981, come opening track dell’album
, album che a sua volta cita l’omonimo saggio di psicologia filosofica di Arthur Koestler pubblicato nel 1969, che è stato parte integrante della costruzione concettuale di questa mostra. E mentre ci si lasciava ispirare dalle teorie di Koestler, scopriamo che Sting era un suo avido lettore, al punto che gli dedicò anche il successivo e ultimo album dei Police
(1972) e al concetto di sincronicità introdotto da Carl Jung, ossia il fenomeno delle coincidenze significative che si verificano senza che ci sia una evidente relazione causale tra loro. Così, come Sting ha continuato ad eseguire
anche nei tour da solista dopo lo scioglimento dei Police e Koestler dichiarò di essere “leggermente solleticato” da quell’omaggio, così noi qui potremmo andare avanti a lungo con le coincidenze da cui nasce questa mostra…
Artext - L’accento viene spostato sui modelli - Triune Brain. Al corpo intessuto –di tutto ciò che (si) comprende– e come un artista possa rendere, in maniera così intensamente consapevole, le implicazioni simboliche dell’apparato tecnologico da lui impiegato, insomma del
Ghost in the Machine. Si può ancora guardare ad una fenomenologia degli Spiriti come modelli per una concezione dell’immagine?
Valeria D'Ambrosio - Assolutamente sì, e la mostra di Marco Rossetti ne è una prova evidente. Una mostra che trae ispirazione dalla teoria del
Triune Brain, o cervello trino, ossia il modello della struttura dell’encefalo elaborato dal neuro-scienziato statunitense Paul Donald MacLean negli anni ‘60 del secolo scorso. Partendo dalla trilogia che definisce il rapporto tra
uomo, natura e tecnologia, la mostra è divisa in tre capitoli distribuiti nello spazio espositivo sotto forma di tre installazioni che accompagnano progressivamente il visitatore nella comprensione dell’idea che ha ispirato la creazione delle opere. In pratica, secondo MacLean le tre strutture cerebrali dell’uomo, risultato di diversi periodi evolutivi, sono relativamente indipendenti l’una dall’altra, ma restano comunque collegate tra loro in forme più o meno costrittive e conflittuali. Le strutture rispondono rispettivamente
all’istinto, l’emozione e la ragione, tre elementi che costituiscono la fonte di ispirazione per i tre lavori in mostra. È qui che spunta nuovamente Koestler che, nel saggio
The Ghost in the Machine, prova a utilizzare la teoria del cervello trino per spiegare il nostro terribile bisogno di auto-distruzione. Forse, sostiene Koestler, apparteniamo a una specie in cui le strutture cerebrali primitive e quelle recenti non sono totalmente coordinate. La tendenza dell’impulso umano all’autodistruzione suggerirebbe, infatti, che nel corso dell’evoluzione umana si sia sviluppata una vera e propria divisione patologica tra istinto, emozione e ragione. Questo spiegherebbe la paranoia, la violenza e la follia che costituiscono gli elementi centrali della Storia umana, di tutte le epoche (non da meno la nostra, aggiungo io).
Sistema limbico o l’emozione (2025),installazione multimediale (tergicristalli con motori, stampa di foto d’archivio su carta, legno, vetro), dimensioni variabili (dettaglio). Ph credits: Marco Rossetti
Le opere di Rossetti sono espressione di quella frammentazione psicologica operata dalla memoria umana quando censura o rivela ricordi a seconda delle emozioni ad essi associate, traumatiche o piacevoli che siano. L’operazione di manipolazione dell’immagine fotografica da parte di Rossetti ha infatti sempre come effetto la progressiva riduzione in frammenti del momento congelato dalla macchina, in una graduale distruzione (o ricostruzione) dei ricordi del passato. Nella seconda stanza, tre congegni elettrificati, composti da tergicristalli modificati e liberati dal peso della loro funzionalità, sono legati alle pareti come fossero belve feroci. In una sorta di movimento caotico coordinato, questi dispositivi avanzano e retrocedono, liberando la memoria dalle costrizioni storiche e sociali metaforicamente rappresentate da una delle fotografie selezionate dall’archivio della famiglia Seghi Rospigliosi. Come in un limbo onirico, l’opera d’arte abbatte i concetti convenzionali di spazio e tempo e rivela aspetti della natura umana che solitamente faticano ad essere svelati. È appunto il “fantasma dentro la macchina” che contribuisce a liberare le emozioni dalle strutture cerebrali più arcaiche, i fantasmi che infestano la macchina encefalica e che sarebbero responsabili dell’odio, della rabbia e di altri impulsi simili capaci di sopraffare la logica cognitiva.
Sistema imbico o l’emozione (2025), installazione multimediale (tergicristalli con motori, stampa di foto d’archivio su carta, legno, vetro), dimensioni variabili (dettaglio). Ph Claudio Seghi Rospigliosi
Artext - Immagine Tempo Movimento. La grande tradizione nascosta della pittura e poi della fotografia è il tempo. Di come possiamo rendere visibili le immagini che vivono nei nostri sogni e nei nostri dubbi. Cosa sono realmente le immagini – sinapsi, proiezioni dove l’essere umano contempla la dimensione duplice del tempo e del movimento?
I costanti tentativi di catturare e riprodurre il movimento da parte di fotografi, inventori, scienziati, s’inquadrano già nella seconda metà dell’Ottocento in un doppio regime: ricerca scientifica e applicazione tecnologica da un lato, esplorazione del potenziale fantasmagorico dell’immagine fotografica dall’altro; riduzione del corpo a meccanismo e sua metamorfosi e riconfigurazione sugli assi dell’inconscio, del desiderio, della memoria. Sono queste le polarità presenti anche nella pratica della cronofotografia, la cui invenzione è frutto delle autonome ricerche dell’anglo-americano Eadweard Muybridge e del francese Etienne-Jules Marey. Affidandosi a processi di sviluppo naturali, come la fotosintesi e la foto-periodicità, l’artista ancora oggi crea opere che si evolvono nel tempo, rivelando immagini in continua trasformazione.
Valeria D'Ambrosio - L’indagine messa in atto in questo progetto espositivo fonde dimensione
materiale, temporale ed emotiva, e sottolinea la specificità di una mostra in cui l’oggetto fotografico diventa depositario di questa fusione. Nella prima stanza, un carrello avanza lungo un binario tripartito sospeso alle pareti, trasportando la metà inferiore di una foto incorniciata e procedendo automaticamente avanti e indietro, senza soluzione di continuità. L’impressione è quella di un trenino giocattolo ma, a uno sguardo più attento, si scopre qualcosa di strano, inquietante, a tratti disturbante. C’è un solo istante in cui il frammento fotografico in movimento combacia con la metà superiore appesa al muro centrale della stanza, ricostruendo così il soggetto ritratto in maniera fugace e transeunte. È il gioco della memoria, dell’impossibilità di ritenere il ricordo nella sua complessità, tema ricorrente nella pratica di Rossetti e che, in questo racconto, potremmo associare al “Complesso R” teorizzato da MacLean, responsabile dei comportamenti automatici primordiali, ossia dell’istinto, dell’aggressività, della dominazione. Il tempo si fa materia prima dell’arte e non più (o non soltanto) nel catturare il movimento, come raccontano gli straordinari tentativi sperimentali di fine Ottocento.
R-complex o l’istinto (2025), installazione multimediale (binari, locomotiva, legno, stampa di foto d’archivio su carta cotone, pvc), dimensioni variabili (dettaglio). Ph Claudio Seghi Rospigliosi
Étienne-Jules Marey era un medico fisiologo e inventore instancabile. Affascinato dal movimento (a partire da quello del sangue nelle vene!), ideò e brevettò diversi strumenti in grado di registrarlo ai fini di studio, divenendo un precursore di quello che i Fratelli Lumière chiamarono di lì a poco “cinematografo”. Da ricercatore disinteressato e ben lontano dai fini estetici, inventò la tecnica cinematografica studiando in maniera totalmente oggettiva il fenomeno del tempo attraverso i movimenti del corpo. Ironia della sorte, le immagini di questo convinto positivista hanno ispirato alcuni degli artisti più anti-positivisti dell’avanguardie artistiche del Novecento. È forse qui che potremmo collocare la manipolazione fotografica che opera Rossetti, facendo dell’immagine scattata un’immagine in movimento, in continua evoluzione, senza necessità di essere seguita e preceduta da altri 23 fotogrammi al secondo. È una foto che subisce un graduale mutamento a secondo degli agenti umani e non-umani che interagiscono con essa, svelando intuizioni ed esperienze emotive che probabilmente la sola prospettiva umana non riesce più (o non riesce ancora) a cogliere. Oltre l’umano, dunque, le piante e le macchine sono chiamate a manifestarsi in forme tangibili e affettive, che pulsano di vitalità, che invitano all’incontro più o meno intimo con il cosiddetto
more-than-human world.
R-complex o l’istinto (2025), installazione multimediale (binari, locomotiva, legno, stampa di foto d’archivio su carta cotone, pvc), dimensioni variabili (dettaglio). Ph Claudio Seghi Rospigliosi
Artext - Persone, animali e piante trasformati in tableaux vivants per la durata dell’osservazione.
Gli spettatori messi in questo spazio, di questo spazio essi provocano l’epifania. Attraverso la loro presenza lo spazio si manifesta. C’è sempre un punto di vista e, nella maggior parte dei lavori che l’artista propone, si ricrea un dialogo, quello tra opere e spazio che, per altro sarà sempre un segno distintivo delle immagini.
Cosa si evidenzia, assieme alla sottolineatura araldica e vitale dello sguardo in tutto il perimetro dello spazio espositivo?
Un modo di disporre, una proiezione su uno schermo dove l’arte trae come per luce riflessa quel che si potrebbe intendere, anche se non senza qualche riserva, come la sua vera e propria sostanza?
La ricerca non può quindi che riguardare quegli interventi artistici che si trasformano in “azioni”, ovvero atti performativi dove arte e vita si miscelano assieme, affidandosi a processi di sviluppo naturali, come la fotosintesi e la foto-periodicità dove l’artista crea opere che si evolvono nel tempo, rivelando immagini in continua trasformazione.
Una visione questa che concepisce la fotografia non solo come “scrittura con la luce”, ma anche come processo performativo in cui i soggetti naturali diventano agente generativo...
Valeria D'Ambrosio -
Spiriti nel mondo materiale è una mostra che esplora il rapporto tra arte (dunque, umanità) e natura, nonché le modalità in cui esse interagiscono nell’era del
Technocene, riflettendo sulle possibilità di trasformazione della società contemporanea. Utilizzando materiali organici e artificiali insieme, Rossetti presenta tre installazioni che ridefiniscono il concetto stesso di umano, sfidando le prospettive antropocentriche. Molte delle questioni su cui ci interroghiamo oggi, infatti, possono trovare risposta nella comprensione delle dinamiche che regolano la vita delle entità non umane. Meditando sulla fragile ma resiliente interdipendenza di queste forme dell’esistere, l’artista sottolinea la posta in gioco condivisa che connette tutti gli agenti viventi e non viventi, incorporando nel suo lavoro questioni esistenziali legate a concetti quali vita, morte, memoria, decadimento e rigenerazione. Le opere in mostra catturano le
nuances delle sensazioni umane modellate nel corso della storia da forze culturali e biologiche, trasportandole a un’epoca in cui nascondere le emozioni personali, celare i turbamenti individuali, provoca un diffuso stato di malessere collettivo. È un processo che ruota attorno all’ascolto di ciò che ci circonda, alla decodificazione del messaggio, all’anticipazione degli effetti, al disagio di fronte alle prodezze tecnologiche e al desiderio di slegare la nostra memoria dalla linearità della Storia.
Neocortex o la ragione (2025), installazione multimediale (legno, vetro, fornelli elettrici, stampa di foto d’archivio su carta, cera d’api, paraffina), dimensioni variabili. Ph Claudio Seghi Rospigliosi
La terza e ultima installazione, acme e conclusione del racconto, ha come protagoniste delle piante “speciali” che riescono a vivere in ambienti particolarmente ostili, caratterizzati da rocce ricche di elementi tossici come magnesio, ferro, nickel, cromo o cobalto. Dette ofioliti, da
ὄφις=serpente e
λίθος=roccia, questi massi presentano una tipica colorazione verdastra che ricorda appunto i rettili, come il marmo serpentino, diffuso nel territorio di Prato. Le
Serpentinofite sono piante “iperaccumulatrici” che riescono a sopravvivere su questi substrati perché, nel corso della loro evoluzione, hanno sviluppato la capacità di concentrare nelle loro cellule livelli insolitamente elevati di metalli. Grazie alla collaborazione con l’Orto botanico di Firenze, che ospita un allestimento di 20 specie tipiche dei substrati serpentinicoli dell’area naturale protetta del Monteferrato, sono stati prelevati alcuni campioni di tre esemplari (
Sedum album, Paragymnopteris maranate, Petrosedum rupestre). Si tratta di piante poco appariscenti ma straordinariamente resistenti che possono rivelarsi una risorsa fondamentale nella bonifica dei siti inquinati e nel risanamento dei suoli sterili e privi di vita a causa del grande accumulo di metalli tossici. Posizionati al di sopra dell’ultima foto selezionata dall’archivio Seghi-Rospigliosi e riprodotta per tre volte, i calchi ingranditi in cera d’api mista a paraffina delle tre specie vegetali, si fondono lentamente per via di una resistenza elettrica. In una sospensione in bilico tra estetica di laboratorio e rito sacrale, la cera fusa tende a coprire le foto, mascherando dettagli sempre diversi in una sorta di selezione randomica dei ricordi che affiorano alla mente.
Neocortex o la ragione (2025),installazione multimediale (legno, vetro, fornelli elettrici, stampa di foto d’archivio su carta, cera d’api, paraffina), dimensioni variabili (dettaglio). Ph Claudio Seghi Rospigliosi
Artext - La fotografia è anche una pratica d’amore. Un tema, peraltro, quello della fotografia familiare amorosa, che è l’ultimo, e forse il più pregnante e quasi commuovente capitolo con cui molti autori concludono un percorso tra amore e fotografia. In questa mostra sono prese in esame varie foto “amorose” tratte dall’archivio della famiglia Seghi-Rospigliosi, quelle che Barthes, nel testo, la Camera Chiara, definisce simili a «controricordi», ovvero non semplici reminiscenze di un «è stato», di un tempo passato e lontano «ma evidenza di un soggetto che emerge qui e ora dinanzi ai miei occhi, quasi fosse il mio stesso sguardo a resuscitarlo», a trasformarlo in una presenza, in un succedaneo vitale. In sintesi la vera forza di un’immagine fotografica non sta nella sua capacità di “cogliere l’anima” della persona ritratta, ma nella sua qualità energetica che ci risveglia interiormente uscendo da ogni logica concettuale e discorsiva, per puntare direttamente alla nostra essenza. Puoi raccontare di come si è ricostruita una visione che concepisce la fotografia non solo come scrittura con la luce, ma anche come processo performativo in cui i soggetti naturali diventano agente generativo?
Valeria D'Ambrosio - La teoria scientifica di MacLean è chiaramente soltanto una suggestione, un pretesto per creare un più ampio sistema di interconnessioni tra
ambiente, identità e Storia, temi che ci interessava esplorare con questo progetto. La mostra nasce, infatti, da una fase iniziale di ricerca sull’archivio fotografico dell’antica famiglia Seghi Rospigliosi che ha ospitato l’esposizione nella sua Villa di Prato. Attraverso un percorso, anche emotivamente impegnativo, di recupero della memoria, alcuni membri della famiglia hanno condiviso con noi ricordi familiari che, come tutte le storie di famiglie, non sono lineari –come, dopotutto, non è lineare la Storia, soprattutto quella più vicina a noi. Dopo una riflessione condivisa sulle memorie di famiglia inserite in un più ampio contesto storico e sociale, abbiamo selezionato tre foto che abbracciano tutto il ‘900 e in particolare tre generazioni, e che ci hanno permesso di materializzare questa macchina cerebrale infestata dagli spiriti a cui fa riferimento il titolo. Le storie che accompagnano la mostra sono composte da memorie frammentate, racconti tramandati e rievocazioni sbiadite che evocano un’esperienza della Storia squisitamente umana. Ed ecco che torniamo al punto di partenza, e cioè al lavoro di Marco Rossetti che sfida la visione antropocentrica per esplorare quei confini porosi e quegli spazi liminali che collegano diverse ecologie.
Spiriti nel mondo materiale prende la realtà in cui viviamo come punto di partenza e come questione aperta e presenta un’indagine che fonde tutti questi concetti per risuonare in un più ampio sistema in cui
l’ambiente (come dimensione materiale, dunque
istinto),
l’identità umana (come dimensione emotiva, dunque
emozione) e la Storia (come dimensione intellettuale, dunque
ragione)convergono.
Neocortex o la ragione (2025),installazione multimediale (legno, vetro, fornelli elettrici, stampa di foto d’archivio su carta, cera d’api, paraffina), dimensioni variabili (dettaglio). Ph Claudio Seghi Rospigliosi
Nell’intreccio fluido di infrastrutture fisiche, relazioni interplanetarie e reti digitali, che consente il movimento continuo di materia, energia e informazioni, la nostra capacità di controllarne gli effetti è messa in discussione e minaccia non solo la nostra specie ma anche tutte le altre forme di vita. Un sistema che non può sopravvivere senza distruggere i mondi da cui dipende, dimostra una fragilità di fondo che può essere ripensata solo con l’emergenza di nuove modalità di coesistenza all’interno di uno spazio di nutrimento –psicologico, sociale ed ecologico– dove tutte le forme di vita possano trovare protezione e prosperare. In questo lungo ma sempre più accelerato processo evolutivo attraverso il quale la Terra si ripiega in una miriade di forme intelligenti botaniche e minerali, umane e artificiali, riusciamo a cogliere dettagli esistenziali su di lei e sul suo metabolismo climatico, in modi con cui solo ora stiamo cominciando a farne i conti. Le opere di Marco Rossetti esposte a Villa Rospigliosi ci rendono partecipi della Storia e ci offrono un’opportunità di immaginare cosa accade quando facciamo un passo in avanti, speculando su potenziali futuri. Così il potere dell’arte è pienamente realizzato: la sua capacità di creare nuove visioni e di modellare realtà alternative. A questo punto ci sarebbe da chiedersi se, per ritornare ad Arthur Koestler, la specie umana non sia soltanto un gigantesco, bellissimo errore evolutivo.
R-complex o l’istinto (2025),installazione multimediale (binari, locomotiva, legno, stampa di foto d’archivio su carta cotone, pvc), dimensioni variabili (dettaglio). Ph Claudio Seghi Rospigliosi
Marco Rossetti
Artista visivo diplomato in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli nel 2011. Ha all’attivo una serie di mostre personali, tra le quali: “Sistemi di memoria stabile” (2024) presso la Chiesa della Ss. Annunziata di Polla (SA), “Come una stella di giorno” (2021) alla Galleria Nicola Pedana di Caserta, “Bias” (2020) presso lo Studio DeVITALAUDATI a Firenze e “Slander” (2017) alla BRAU - Biblioteca di Ricerca di Area Umanistica a Napoli. Le sue opere sono state esposte anche in mostre collettive, tra cui “L’Abisse visage” (2024) alla Galleria Muryow di Toyama in Giappone, “Così è. La stirpe delle foglie” (2024) allo Spazio Contemporanea a Brescia. “Punti d’incontro” (2022) presso Casermetta di Santa Croce a Lucca, “Fotogenesi” (2022) allo spazio Habitat 83 di Verona, “ICONOSMASH” (2019) a Palazzo Rinuccini di Firenze e “V.Ar.Co” (2019) presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” a Napoli. Rossetti ha partecipato a diverse residenze artistiche, tra cui “Falìa” (2018) a Lozio, Val Camonica e il “ProgettoBorca” (2017) a Borca di Cadore. Nel 2021 è stato vincitore del premio Level 0 al Museo Madre, del
e Premio D Buris e dell’
Art Tracker. Finalista al Talent Prize nel 2023, è stato il vincitore di
Un’opera per il Castello a Castel Sant’Elmo a Napoli (2018). Ha anche ricevuto riconoscimenti al
Premio Smart Up Optima e al
Premio Fabbri. Ha partecipato alle fiere Miart e ArteFiera Bologna. Attualmente Marco Rossetti vive e lavora a Firenze.
Marco Rossetti
Spiriti nel mondo materiale
A cura di Valeria D’Ambrosio
@ 2025 Artext