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Marc Augé
La fine del mondo. Talk

 
Padiglione della Svizzerai Aristide Antonas. Landscape with Crane Rooms and Keg Apartments, (Ubin Quarry in Singapore), courtesy of Aristide Antonas



[..] "Possiamo veramente avere la sensazione oggi che "La fine del mondo" nel senso abituale del termine, per quanto sia lontana è proprio quella che comunque si delinea grazie a diversi fattori - e quindi il modo incontrollato dell'umanità in crescita demografica galoppante, che piuttosto maltratta il nostro pianeta. Ci sentiamo colpevoli in maniera collettiva di questa situazione e in un certo modo non ci sottomettiamo al giudizio che comunque potrebbe essere dato per l'imprevedibilità umana. Per esempio il riscaldamento dell'atmosfera. ma noi comunque continuiamo a immettere gas velenosi o a sfruttare tutte le ricchezze della terra e a inquinarla con tutta una serie di rifiuti inclusi quelli atomici. E tuttavia alcuni comunque cominciano a interessarsi ad una sorta di canotto di salvataggio sul quale siamo tutti imbarcati, una piccola nave, la Terra. C'è chi pensa a colonizzare Marte oppure alla criogenetica e quindi il congelamento e surgelamento dei cadaveri per poi permettergli di vivere anche in altri pianeti come in ‘’Odissea nello spazio’. Ma anche andare a trovare ulteriori tecnologie in maniera gloriosa.

E tuttavia se andiamo ad accettare questa visione di fuga nell'universo, uno dei grandi paradossi della nostra epoca è il seguente: più la scienza ci appare come il solo dominio dell'attività umana alla quale possiamo comunque riconoscere il progresso, e meno mobilità ci rende capaci di causare e dare adito ad una adesione spontanea - tuttavia la scienza è il solo campo a proposito del quale possiamo parlare in termini oggettivi di progresso e probabilmente noi non pensiamo più nel tempo, noi pensiamo il tempo. E le tecnologie delle comunicazioni danno la sensazione di vivere in un eterno presente. Ciascun individuo a livello individuale se ripensa il proprio percorso, al proprio passato, ritiene di aver vissuto la fine di più mondi, e tuttavia di non avere alcuna presa su questa accelerazione della storia e fa fatica a dargli un senso.

La sensazione è che se si fa un tale affondo nella storia secondo me, troviamo quello che potrebbe ispirarci, per esempio uno spettacolo in accelerazione costante ma anche il crollo di tutti i paradigmi. Il tema  della fine del mondo nasce veramente quando la storia accelera e quando la fine della storia in senso di finalità va così a scomparire. La fine dei grandi racconti di cui parlava Lyotard come una sorta di regressione intellettuale, Lyotard nella 'Condizione postmoderna' ha parlato della fine dei grandi racconti alludendo chiaramente a dei testi come quelli del marxismo che proiettavano tuttavia nel futuro una visione dell'umanità nel suo insieme. E dunque distingueva quei miti del futuro da quelli locali che comunque vanno a fondare delle società particolari e i miti del futuro e  dell'avvenire che andavano a interessare l'umanità nel suo insieme e per questa motivazione erano radicalmente diversi. Ma sono questi grandi racconti così utopici che si sono chiaramente scontrati con la realtà del XX secolo. E la fine di questi grandi racconti forse ci può sembrare come una sorta di regressione intellettuale come una messa a nudo dei rapporti di potere tra le nazioni senza avere veramente una posta intellettuale e ideologica."

Fayçal Baghriche Fayçal Baghriche. Half of what you see, mixed media, variable dimensions, 2010, courtesy of Fayçal Baghriche


D.  - In che modo la conoscenza può prevenire la fine del mondo?

M.A. - Non credo che la conoscenza possa essere un rimedio contro la fine del mondo. Penso piuttosto che la conoscenza è la definizione della presenza dell'uomo sulla terra. Ed il problema a tutt'oggi è che siamo in un mondo dove ci sono delle  diseguaglianze. Sappiamo che i più ricchi dei ricchi diventano sempre più ricchi e poveri in realtà si impoveriscono sempre di più. Ma è la stessa cosa peraltro nel settore dell'istruzione e della conoscenza. Quando parlo dell’utopia dell'educazione, dell'Istruzione, intendo dire che è assolutamente essenziale che si vada a invertire questa tendenza, e che l'istruzione e la conoscenza - (ossia l'importanza della conoscenza) sia presente in ciascuno individuo. A quel punto forse potremo avere una vera uguaglianza degli esseri umani per poter poi accedere a questo ideale che è appunto - ogni uomo è l'umanità intera - perché altrimenti siamo ad una definizione idealista, e invece bisogna cercare di dare sostanza.

D. - Cosa pensa del rischio di nuove guerre mondiali oggi?

M.A. - Non credo in una guerra mondiale. Non credo comunque in una guerra mondiale che possa essere simile alle guerre che abbiamo conosciuto nel XX secolo. Io credo che ci sono delle tensioni, che sono dovute ad una guerra di terrorismo che è una forma particolare di guerra. Io credo che ci sia il rischio di violenza, che però tenderei a collegare alle ultime forme di lotta religiosa del passato. Ci siano dei conflitti a tutt'oggi che appaiono incomprensibili ad una disamina più fredda ma non penso che le grandi potenze siano così decise a farsi sul serio la guerra.

D - Che ruolo dare alla creazione artistica oggi?

M.A. - Non sono sicuro che il rapporto immediato con l'arte di per sé sia portatore di arricchimento. Ritengo che sia necessaria una preparazione a monte, ma certamente la questione è complessa. Credo che oggi l'arte reintroduca l'inquietudine dell'umanità e che comunque vada a porre delle domande, e non dia le risposte. Va bene così, d’altocinto. Tuttavia può illudere in qualche modo l’attesa di tante persone che cercano una risposta nell’arte. Ritengo che la grandezza dell'arte sia quella di riformulare le questioni che ci affliggono o ci preoccupano. Naturalmente per potervi accedere ci vogliono comunque delle conoscenze, aver imparato un po’, serve un’istruzione.

D - Qual’ è la sua posizione sulle teorie dell’antropocene enunciate da Paul Crutzen?

M.A. - È evidente che noi stiamo maltrattando il nostro pianeta e che dobbiamo essere sensibili al fatto che comunque andiamo a consumare e terminare le risorse della Terra, e che ne stiamo disturbando gli equilibri. Credo che effettivamente stiamo creando le condizioni di un disastro futuro. Si potrebbe anche ritenere che c’è una specie di corsa all'esaurimento  delle risorse della terra, ma anche l'invenzione di cose nuove. L'invenzione di cose nuove vuol dire invenzione di nuove tecniche, di nuove risorse alimentari, e poi c'è l'esplorazione dell'universo. Chiaramente mi sto collocando in un futuro che non è immediato ma piuttosto di un futuro in una scala umana che equivale a qualche secolo. Non sono sicuro che poi non troveremo i mezzi  per superare l’esaurimento delle risorse della terra da noi perpetrato. Parlo di una velocità sempre in aumento. Io non credo che siamo qui per giudicare, tuttavia credo nell'ingegno umano.

D - La consapevolezza di vivere un eterno presente può liberarci dalle paure come quella della fine del mondo...

M.A. - Non sono così entusiasta di dover vivere in un eterno presente. Io alludevo alle tecniche digitali che ci permettono ad esempio di comunicare rapidamente. Stiamo vivendo l’era dell’istantaneo e dell’ubiquitario. Possiamo essere dappertutto e contemporaneamente. Ma tuttavia credo che l'esistenza dell'uomo ha veramente bisogno di relazioni e che queste relazioni passino attraverso lo spazio e il tempo. Credo che ci sia una convergenza tra le mitologie attuali che permettono questo essere istantaneo. Ma anche la necessità di relazioni inscritte nel tempo -  relazioni situate nel tempo e nello spazio. E’ un problema legato ai mezzi di comunicazione che devono essere davvero dei mezzi di comunicazione vitali cioè dei mezzi particolari. Noi viviamo una trasformazione particolare con Internet e con i mezzi di comunicazione attuali, e non è ancora finita. Ma  è importante restare vigili  sul modo in cui restiamo in comunicazione ed in contatto gli uni con gli altri. Io credo che l’uomo sia un essere simbolico e la materia di questo essere simbolico siano lo spazio ed il tempo. L’eterno presente un poco mi insospettisce. Salvo come sostiene Voltaire che bisogna coltivare il proprio orticello, effettivamente vivere la propria vita a fronte dell’immensità dei problemi  dell’umanità intera. Come ho cercato di dire nella presentazione, La fine del Mondo è la fine del mondo di ciascuno e di tutti. Il Mondo è qualcosa che noi tutti viviamo, e la saggezza di fatto è considerare che noi siamo in una specie di eterno presente che è sovra individuale. Ma parlavo di un presente costituito e creato dai mezzi tecnologici attuali. Da un lato sono prodigiosi ma che però devono essere tenuti sotto sorveglianza durante il loro utilizzo.

 

Marc Augé
La fine del mondo
TALK
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