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Museo Novecento
Francesca Banchelli
Intervista

 
Francesca BanchelliFrancesca Banchelli Duel - I cani silenziosi se ne vanno via - Museo Novecento Firenze. Exhibition view. Ph. credit Leonardo Morfini


A cura di Sergio Risaliti e Eva Francioli il Museo Novecento di Firenze ospita la mostra personale di Francesca Banchelli I cani silenziosi se ne vanno via. "Come molti altri artisti della sua generazione Francesca Banchelli lavora con materiali e tecniche diversi, dalle azioni performative, tra danza e teatro, ai video, al disegno, alla pittura, alla scultura e al suono. Per il progetto Duel, il cui titolo rimanda a un duello dialettico tra gli artisti contemporanei e il patrimonio artistico museale, il percorso espositivo nasce e si sviluppa attorno al dialogo con l’opera Apocalisse, dipinta da Scipione (Gino Bonichi) nel lontano 1930 e selezionata da Banchelli diversi mesi fa, prima che il mondo venisse travolto dalla pandemia".


In dialogo con Francesca Banchelli

Artext - Quali esigenze ti hanno indotta ad avvicinarti alle Arti? Puoi raccontare della tua erranza giovanile, della tua formazione, le esperienze e le strategie maturate.

Francesca Banchelli - Ho iniziato a studiare pittura da giovanissima al Liceo di Porta Romana di Firenze (Ex Istituto d’Arte), e sin dai primi anni le tecniche pittoriche antiche erano quasi diventate un’ossessione per me. Una volta iniziata l’Accademia di Belle Arti di Firenze, questa ossessione mi ha portato ad abbandonare la pittura per un po’, poiché ad un certo punto non sapevo che farmene di tutta quella tecnica, avevo bisogno di capire molto di più, mi mancava il mondo, l’esperienza del tempo tra me e la sua trasfigurazione.

Francesca BanchelliI cani silenziosi (particolare)Francesca Banchelli, 2020 Olio su cotone 109 x 200cm Courtesy l’artista


Ho scoperto l’arte contemporanea intorno ai diciotto anni sfogliando le riviste di arte, le adoravo divorandole, da quel momento ho cominciato a lavorare con qualsiasi mezzo, anche se il mio approccio al lavoro rimaneva sempre quello di una pittrice. Soprattutto l’utilizzo del video e della performance mi era congeniale nel periodo appunto della mia “erranza”, perché mi permetteva di lavorare anche senza aver bisogno di uno studio vero e proprio. Un lungo periodo durato quasi dieci anni dove non mi era chiaro se avrei mai fatto rientro in Italia: a Londra nel bacino sperimentale europeo (almeno in quegli anni) e a Barcellona, città risorta tra decadenza e visione entusiasta del futuro, con qualche parentesi in Brasile. Mettendomi a confronto in prima persona con il mondo ho cominciato ad interessarmi al rapporto tra singolo e collettività, affrontando l’approccio alla performance come esperienza di possibilità e rischio. Il percorso processuale di queste performances aveva sempre a che fare con la pittura, derivando sempre dall’elaborazione di immagini e disegni da un punto di vista compositivo, dove le figure coinvolte traevano forza ed estetica narrativa da elementi cromatici astratti tra la loro presenza e lo spazio, che insieme trattenevano e rivelavano il limite tra reale e immaginifico.

Francesca BanchelliI cani silenziosi Francesca Banchelli, 2020 Olio su cotone 109 x 200cm Courtesy l’artista


Ho recuperato la pittura dentro un piccolo studio a Londra durante un master in Fine Art alla Central Saint Martins. Qui ho iniziato a manipolare il concetto di tempo e di narrazione fino a lasciare il campo a visioni che andavano oltre i limiti immaginifici del “live” e del video. Attraverso la pittura ho iniziato ad approfondire alcuni concetti recuperando le tecniche pittoriche che avevo abbandonato, interlacciando anche i vari mezzi espressivi tra cui il disegno e la scultura; molto importante è stata in quel periodo una residenza di quasi due mesi in Cina, tra Nanchino e Shangai, dove mi sono dedicata esclusivamente alla pittura su superfici di grandi dimensioni. Il viaggiare e l’interesse verso tematiche quali il confronto con la natura, tra civiltà, e il tempo - inteso come “the big unknown”, o quello spazio dove le cose appaiono e scompaiono - è stato alla base del tracciato di studio, e attraverso la pittura volevo sfidarne i limiti narrativi, soprattutto attraverso gli studi sull’evento del filosofo francese Alain Badiou. Da qui è iniziato un percorso parallelo tra performance e pittura che poi si è unito indissolubilmente nel progetto The Fugitive.

Francesca BanchelliBello il mio amore, però malinconico (Someone with the dog at dawn) Francesca Banchelli, 2020 olio e acrilico su cotone. 180 x 140 cm Courtesy l’artista


A - Quali le ascendenze ed i confronti con gli artisti contemporanei e del passato. Come avviene questo scambio, quali processi si innescano nei riferimenti alla Storia dell'Arte.

FB - La conoscenza della storia dell’arte è fondamentale per capire il fenomeno dell’evoluzione umana e quindi anche l’arte contemporanea. La mia prima folgorazione quando ancora mi trovavo all’Accademia, fu per Andrea Zittel e le sue piccole strutture abitative disperse nel deserto. Se penso adesso a questa fascinazione che provocava in me il suo lavoro, direi che ha molto a che fare con “i fuggitivi” e con gran parte del mio lavoro. Una volta che i due mondi, quello attuale e quello del passato cominciano a dialogare, a scorrere l’uno sull’altro creando sinapsi e rivelazioni vuol dire che l’artista lavora su un’unica corrente, quasi una corrente elettrica.

Francesca BanchelliTense Tale Francesca Banchelli, 2020 Olio e smalto su cotone. 130 x 180 cm Courtesy l’artista


I rimandi all’arte del passato sono come dei sedimenti, e nonostante tanti venti attraversino la vita e i valori processuali dell’artista, questi sedimenti non vengono mai spazzati via, semmai si confondono, modificano, creando una base. Mi sembra di riconoscere un certo legame con il sedimento della composizione pittorica rispetto all’arte del passato, la composizione che ha a che fare con la disposizione spaziale, ma anche con la predisposizione alla musica. Credo anche per questo motivo spesso collaboro insieme al mio compagno anche lui artista e compositore Emiliano Zelada. Si ritrovano inoltre vari elementi nei miei lavori ereditati dalla storia dell'arte, uno su tutti è la figura enigmatica del cane, e degli animali al cospetto degli esseri umani.
La storia e le civiltà ci hanno dato diverse chiavi di lettura e teorie sui motivi delle loro raffigurazioni e sull'interpretazione del loro ruolo sulla terra, da angeli custodi a fedeli servi, al cane visto come minaccia, come lupo, come singolo o subordinato all'uomo. Io non tendo a eliminare o a fare emergere un'interpretazione sull'altra; la mia visione risale ad un tentativo di guardare obiettivamente la posizione dell'essere umano che non può più essere visto da solo, ma in correlazione con le altre specie viventi.

Francesca BanchelliI miei denti aguzzi Francesca Banchelli, 2020 Dittico. Olio su tavole di legno 166 x 230 cm Courtesy l’artista


A - La mostra al Museo Novecento I cani silenziosi se ne vanno via è intrisa di riferimenti e di aspetti connessi alla sfera dell'immaginario e attraversata da narrazioni di tipo sinestetico, un certo modo di intendere il linguaggio come strumento di approdo alla realtà (verità) attraverso l’esperienza del molteplice e del possibile. Puoi raccontarne?

FB - Ti riporto una parte di un testo che ho scritto per il catalogo della mostra I cani silenziosi se ne vanno via al Museo Novecento:

(…) riguardo alla vita. Spesso non capiamo bene dove passa il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Pensiamo che la linea di demarcazione tra ciò che esiste e ciò che non esiste sia mobile, come una frontiera che si sposta di sua volontà. A questi spostamenti dobbiamo prestare la massima attenzione. Altrimenti non capiamo più da che parte ci troviamo.>> da L’assassinio del Commendatore, Haruki Murakami (2018).

Il processo narrativo nei miei dipinti inizia dalla percezione di bilico tra reale e non reale entro il quale la composizione ha a che fare con la storia e i suoi sedimenti compositivi. La composizione risulta per me come una comprensione del mondo attraverso la quale esso si rivela, un guardare dove siamo sempre stati attraversando la storia, una posizione senza tempo dell’essere umano nello spazio. Comporre come tradurre una visione nel tempo, la condizione umana nel mondo, la quale risiede nei piccoli eventi che si intersecano tra loro; si tratta di rubarli alla percezione, agli eventi quotidiani, insieme al desiderio di essere intrisi di una presenza più profonda ma anche più trasparente, temporale, nel mezzo al prima e al dopo, all’evento in sé. L'evento o la costellazione di eventi nelle narrazioni dei miei dipinti si ritrovano quando tracce provenienti da ogni dove collidono e formano dei nodi, come immagini sognate che, seppur assurde, si sovrappongono nitide alla realtà che stiamo vivendo.
Mi interessa che questa condizione tra reale e surreale si scontri lievemente e si sovrapponga, o avvenga come un vero attraversamento che produce una deriva romantico/onirica; un binomio che trovo interessante perché denso, non disumano ed il serbatoio dove si schiudono le visioni.
Una volta innescato questo processo lascio che la pittura trovi la sua strada, rivelando le espressioni nei volti che cominciano il loro cammino, fino al momento in cui emergono e io li riconosco.
Spesso affianco animali alle persone, o viceversa, in questo periodo i cani, gli esseri che mettono in comunicazione, ombre fedeli e presenti anche quando nessuno li cerca. Nei miei dipinti le persone non vogliono essere lasciate sole, non vogliono lasciare questa terra e gli animali sono il loro tramite per far si che ciò non accada. I cani circondano o sono circondati, si formano dei gruppi di presenze, come a dire “noi ci siamo”.

Francesca BanchelliI miei denti aguzzi Francesca Banchelli, 2020 Dittico. Olio su tavole di legno 166 x 230 cm Courtesy l’artista


Ogni dipinto vuole ricreare uno spazio temporale che trasporta avanti e indietro, e mi sono accorta che questo significa iniziare una vera e propria lettura, che è in atto un dialogo tra le persone e l’opera e non una contemplazione. L’importanza per me di questa connessione gravita sul rapporto con la lontananza del tempo e la sua immanenza. Un rapporto che induce la materia allo sdoppiamento, come avviene in diverse figure. Il richiamo verso lo spettatore è concepito come l’innesco per una riattivazione ancestrale tra il soggetto e il mondo.

Francesca BanchelliRomance Francesca Banchelli, 2016 olio e acrilico su lino. 270 x 170 cm Courtesy l’artista


Per la seconda volta mi capita di ritrovare dentro le parole di Murakami alcune tracce fondamentali del mio lavoro. La prima volta è successo con il critico e curatore Pier Luigi Tazzi quando il mondo dello scrittore giapponese ci ha legati nella collaborazione della performance Before the Name, e per il quale Tazzi decise di partecipare, tra i vari testi scritti da lui, anche con un estratto da Dance Dance Dance, (1988). E ancora: "Adoravo quell’istante. L’istante in cui ciò che esiste e ciò che non esiste si confondono" da L’assassinio del Commendatore, Haruki Murakami (2018). Identificare stati percettivi soggettivi e oggettivi in cui risuona la collettività umana, giungendo a capire come questa subisca uno spostamento tra reale e surreale, ricadendo sui singoli. Oggi abbiamo bisogno di capire di più ciò che sta accadendo attorno a noi, crediamo di avere risposte attraverso internet ma in realtà perdiamo terreno empatico con il mondo e fiducia nell’intelligenza umana. Viviamo costantemente questa condizione, soprattutto quando i soggetti e le collettività vengono attraversate e scaraventate da situazioni incontrollabili e inimmaginabili come quella della pandemia che stiamo attraversando. Costretti al distacco sociale inizia per l’organismo una secca sofferenza, semplice e infantile, arcaica come la vita che risulta nella necessità di incontrare l’altro non idealmente ma moralmente, onestamente. Ci sono contesti di miseria dimenticati da tutti che affrontano continuamente il disagio provocato dalle malattie e con essi le società riescono ad attuare un distacco chirurgico e disumano; ma la minaccia e la crisi mondiale provocata da un piccolo potentissimo virus, ci ha catapultati nell’armageddon del reale percepito come non reale, che porta molti al rifiuto della realtà stessa, poiché ci priva dell’essenziale, e tende a mettere in discussione le basi fondanti della società in cui viviamo, che rotola sulle sue stesse miserie. Da questo picco in cui siamo arrivati, paragonandolo a quello di una montagna, si scende da una parte o dall’altra, ovvero ne usciremo migliori o peggiori.

Francesca BanchelliBefore the Name Francesca Banchelli, 2016 MACBA - The Barcelona Museum of Contemporary Art, curated by Carolina Ciuti With: Jonathan Lahey Dronsfield and Pier Luigi Tazzi with Anuwat Rattanaphan. Music by Emiliano Zelada Dancers: Julie Cunningham and Harry Alexander, Ph. credit Maria Rodenas


A - Quali le fonti di ispirazione e gli immaginari a cui attingi per le tue esposizioni e performance?
In diverse circostanze parli di autori e di testi come André Lepecki in Exhausting dance per la performance, o delle Teorie dell'evento di Alain Badiou. Quale funzione dell’arte e della pratica artistica hai in questi individuato e a te rispondenti.

FB - "If the totality of time must be represented as potentially existing, then, conversely, everything that exists potentially, entails the image of the totality of time." citando Paolo Virno dal suo Déjà Vu And the End of History (2015), un libro intenso che tenta di esaminare il costrutto indicibile del tempo attraverso l’esperienza dello sdoppiamento della sua percezione, tra prima e dopo. È ciò che capita ad un certo punto durante il processo di elaborazione dei miei lavori, lo sdoppiamento del soggetto, come ne I cani silenziosi, la ricerca di un distacco che indica il rapporto del soggetto con la sua super-esistenza nel tempo, che forse può chiamarsi resistenza: la creazione di un vuoto che si riempie di carica temporale, il riflesso dell’esistenza. Il rapporto con il tempo è importante nel mio lavoro, un tempo non ideale ma potenziale e in trasformazione.
Per questo gli studi su ”l’evento” di Alain Badiou mi sono serviti ad addentrarmi all’interno di questo concetto, affrontato soprattutto nella performance Before the Name, presentata al MACBA di Barcelona nel 2016. L’evento, spiegato da Badiou è il culmine del vuoto, il culmine del passaggio e della caduta, della rivoluzione, in cui nel prima qualcosa non ha ancora un nome e nel dopo si definisce. Ho approfondito l’”incontro” come atto rivoluzionario in Before the Name e successivamente in The Fugitive, nel quale, se consideriamo l’incontro come una linea retta tra due punti, questa contiene al suo centro la riformulazione o il ripensamento su come ci si possa avvicinare l’uno all’altro.

Francesca BanchelliBefore the Name (The Visible and the Evental) Francesca Banchelli, 2015-2016 Series of drawings made for the performance ‘Before the Name’, ink and metal paper on paper, 30 x 20 cm Collection Wilkinson Gallery, London


Il progetto The Fugitive ha cominciato a prendere forma nel 2016 attraverso alcuni disegni a inchiostro nei quali alcune persone si incontrano in territori sconosciuti quasi sempre alla presenza di un cane e una roccia; i disegni si sono poi trasformati in una performance (non-performance), presentata nel 2019 al Centro Pecci di Prato insieme ad André Lepecki, (scrittore, critico e professore nel Department of Performance Studies alla New York University), e in dipinti esposti nella mostra personale I cani silenziosi se ne vanno via al Museo Novecento di Firenze a cura di Sergio Risaliti ed Eva Francioli. Dagli albori del progetto mi sono accorta come questa tematica prendeva sempre più piede, segnale che c’era un crescendo di interesse riguardo al concetto. I fuggitivi si innalzano e scivolano nel tempo senza distaccarsi né isolarsi, coscienze che intraprendono un cammino oscillando continuamente tra immaginario o reale, singolarità che mettono in comunione le varie intimità, le verità, i momenti di riflessione, i cambiamenti, la possibilità di addentrarsi o di esplorare, rimanendo agganciati alla realtà per continuare il loro processo comunicativo. Non perdere il controllo è una possibilità, “The ones that call themselves contemporary are only those who do not allow themselves to be blinded by the lights of the century, and so manage to get a glimpse of the shadows in those lights, of their intimate obscurity”; Giorgio Agamben, citato per l’occasione di una mostra al Palais de Tokyo che si intitola proprio Futur, ancien, fugitif, inaugurata nell'ottobre 2019. Non perdere la speranza, nell’intelligenza umana, resistendo.

Francesca BanchelliThe Fugitive Francesca Banchelli, 2019 Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato. Produced by Contemporanea Festival 2019. Performance and installation by Francesca Banchelli. With: André Lepecki and the dancer Francesco Marilungo. Original music by Emiliano Zelada, Ph. credit Ilaria Costanzo


Con André Lepecki c’è stato un vero e proprio scambio sulla tematica dei fuggitivi che affronta nei suoi libri insieme al concetto di “singularities”. La conseguenza di questo incontro prende forma in The Fugitive, in cui per un lasso di tempo scandito da una giorno che si ripete all’infinito, lo scrittore condivide lo spazio assieme ad un ballerino (Francesco Marilungo), una roccia (proveniente dal bosco in cui vivo), un cane (Onice), e le musiche di Emiliano Zelada. Per questa occasione Lepecki ha scritto l’affascinante testo “Fugitive”, che ha letto durante il live. La performance consiste nella presenza di singolarità e non di performers, che esprimono senza relazionarsi, ignorarsi o atteggiarsi, il loro “essere” scrittore, cane, ballerino e pietra, condividendo/vivendo lo stesso spazio; la rivelazione non modificata della loro massima espressione (questo avviene perché c’è una presenza di pubblico, altrimenti sarebbe un’espressione “normale” di loro stessi), nello spazio, ha creato frizioni e interessi nei loro rapporti, generando diverse fasi di incontro magnetico e a volte repulsivo. L’incontro quindi è avvenuto senza mediazioni, attraverso eventi incalcolabili, come il bacio del cane ricevuto dal ballerino, e la fuga dell’animale. Questa “fuga” del cane a circa metà del live, ha determinato l’effetto folgorante che ha avuto in me la lettura di un passaggio di una poesia di Gino Bonichi (Scipione), che è poi diventata il titolo della mostra al Museo Novecento: I cani silenziosi se ne vanno via.

Francesca BanchelliThe Fugitive Francesca Banchelli, 2019 Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato. Produced by Contemporanea Festival 2019. Performance and installation by Francesca Banchelli. With: André Lepecki and the dancer Francesco Marilungo. Original music by Emiliano Zelada, Ph. credit Ilaria Costanzo


Il parallelo che si crea tra la performance (non-performance) e la pittura nel mio lavoro corrisponde proprio nel non ritagliare i due contorni, ognuno porta avanti la visione che prende forma nell’altro. Corrisponde al fatto di approcciarmi al lavoro da pittrice, a sentire il formarsi delle immagini attraverso le forme e i colori. Ai legami e ai passaggi che si aprono tra la vicinanza e il contributo della presenza tra singolarità. Nelle performance questo avviene attraverso persone vere che creano un incontro costellato di infinite eventualità estemporanee e programmate. In queste strutture performative essenziale è la presenza dello spazio che si crea attorno, che nei disegni risulta nel bianco che avvolge le figure lineari, corrisponde al peso e al vuoto allo stesso tempo, in cui la linea un incisione nel tempo. Nella pittura, i legami tra i soggetti corrispondono all’esperienza percolata direttamente dall’approccio psicologico ed esperienziale vitale. Credo che al giorno d’oggi ci sia bisogno di entrare in contatto diretto con lo spettatore, questo è pronto a ricevere la volontà al dialogo, come succedeva negli anni ’90 con la narrazione nel video. L’impattare delle immagini è alla base della nostra iperpermeante società, ma queste immagini dovranno a loro volta permeare vitalità, storia, empatia, pensiero, non solo essere il riflesso edonistico della realtà. L’arte dovrà anche corrispondere, essere viva e respirare. Le persone ne hanno un estremo bisogno, perché l’arte è la corrispondenza tra l’essere umano e la sua evoluzione.

Francesca BanchelliThe Fugitive Francesca Banchelli, 2019 Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato. Produced by Contemporanea Festival 2019. Performance and installation by Francesca Banchelli. With: André Lepecki and the dancer Francesco Marilungo. Original music by Emiliano Zelada, Ph. credit Ilaria Costanzo


A - L'esposizione al Museo Novecento si presenta come un “campo allargato” aperto alla scultura e l’installazione… A cosa è riconducibile questo attraversamento mediale? Quale esperienza del mondo è sottesa al ciclo di lavori 'I Fuggitivi'

FB - Ogni spostamento verso un media è una vera e propria derivazione, questo genera una diffusione dell’opera e delle idee che prendono forma e rimangono in dialogo tra loro ricostituendosi; questo è anche ciò che avviene in natura e nell’evolversi della civiltà. Nella mostra ci sono alcuni dipinti Melting story of the future, che sono diventati proiezioni di luce, essendo miniature dipinte su diapositive di 35mm, mentre Assolo di Merlo è un’installazione composta anche da sculture derivata da una performance, una versione di The Fugitive. L’opera è stata fortemente influenzata dal periodo di quarantena in cui tutto si stava trasformando prendendo una piega apocalittica; spostandosi quindi da come era stata pensata inizialmente, per accogliere una performance, con questa opera ho voluto riportare le spoglie della performance, o quanto meno congelarle nello spazio come se questa fosse avvenuta da qualche parte in un terreno bruciato. Stava finendo l’inverno e in qualche modo ho intravisto in quel terreno bruciato l’esperienza di ogni persona coinvolta nella terribile esperienza del Covid. Ho assistito al risveglio della natura in primavera come ad un inesorabile forza magnetica in grado di curare la malattia del mondo, quindi ho deciso di far emergere e unire le esistenze e far combaciare il mio contesto familiare, la casa di pietra in mezzo ai boschi, con il mondo intero, utilizzando tutta quanta la cenere della legna per riscaldarci dall’inverno, per ricostituire il terreno bruciato. Il cane e la scultura di argilla cruda dalla forma di un recipiente per acqua o cibo, è la presenza di un passato ancestrale che si tocca con quello attuale.



Francesca BanchelliMelting Story of the Future Francesca Banchelli, 2017 80 miniature dipinte su diapositive 35mm, smalto e pennarello indelebile su vetro 70 x 55 cm Courtesy l’artista

Pilgrimage, le sculture fontane ricoperte di pigmento, hanno anche loro subìto varie trasformazioni in corso d’opera. Nascono dall’idea della figura del filosofo come fontana, presente all’interno della performance Before the Name; i disegni the philosoper as a fountain, e the performer as a fountain. Durante i mesi in cui ho trasformato questi disegni in sculture queste hanno assunto le sembianze delle rocce e dei geyser presenti in alcuni dei quadri, ricoperte di pigmento puro; una di loro riporta all’interno traccia di quella fontana, lo zampillare di una sorgente d’acqua. Sicuramente l’esperienza della ciclicità fa parte del processo di derivazione entro il quale un’idea migra e trova la sua forma. Ciò che mi interessa evocare con il rimando e lo spostamento tra un media e l’altro è il potenziale esperenziale con cui percepiamo la realtà e il tempo, è spingere verso una concezione allargata del nostro passaggio su questo pianeta e aprire davanti alle persone una possibilità di spostamento sull’asse temporale.

Francesca BanchelliPilgrimage Francesca Banchelli, 2020 terracotta, pigmento, inchiostro, sonoro. Misure variabili 40 x 40 x 60 cm cad. Courtesy l’artista

A - Lo spazio, inteso non solo come ambiente espositivo è tema di confronto e analisi, di quanto una certa scena costruita è capace di indurre un effetto di presente memoriale. Puoi parlare della compresenza di soggettività e comunità filtrati negli sguardi degli spettatori, ma nello spazio e nel tempo degli eventi.

FB - Nella mostra al Museo Novecento si è trattato di riorganizzare lo spazio, ma anche di liberarlo. Il lavoro è quello iniziale immaginativo dell’artista ma anche quello curatoriale in grado di intercettare obiettivamente e intellettualmente le connessioni con le forze dei e tra le varie opere, interpretato con grande sensibilità da Sergio Risaliti. Con Sergio per questa mostra abbiamo iniziato uno scambio a priori, a creare un accordo armonico attraverso i contesti naturali in cui entrambi eravamo immersi durante la quarantena; un lungo dialogo fatto di immagini istantanee di paesaggi e luoghi in cui la natura dava spettacolo sia silenzioso che ridondante. Quasi a voler condividere la presa di coscienza di quell’immensa ricchezza, quel paradiso che silenziosamente perdiamo, prima e dopo l’evento della quarantena, questo scambio ci ha avvicendati verso l’idea di mostra come luogo capace di catalizzare il passaggio di questo sofferto e delicato momento storico.

Nell’incontro con Scipione e soprattutto con il suo Apocalisse (1930), si è determinato un incrocio temporale tra due epoche lontane e distinte ma che in qualche modo si sono parlate e toccate, anche per merito della mediazione svolta da Risaliti. In entrambe le epoche, qualcuno si è fermato e si è messo in ascolto, qualcosa stava per accadere.

Francesca BanchelliMan Taking a Shower Francesca Banchelli, 2015 olio e lacca giapponese su lino 60 x 73 cm Courtesy l’artista


A - Per-formare le arti? Puoi parlare della tua adesione alla pratica della performance e della germinazione in un gesto continuo e segreto processo volto alla creazione di dinamiche e microdinamiche in-possibili mutazioni...

FB - Le azioni sono la compresenza dell’idea in frizione con lo spazio, strutturate da un’immagine precisa che poi si perde nel tempo dell’incalcolabilità. La stessa cosa avviene con la pittura. Sono l’attuazione diretta di un’idea ma anche il momento della loro trascendenza più profonda. Le prime azioni erano testimonianza in prima persona, l’esigenza di solcare e mischiarmi in un determinato contesto, come in L’altezza tra Terra e Sale (2004). Un gesto tra me e la terra mi permetteva di impersonare il tramite tra la terra, io (come un soggetto e non individuo), e il mondo. Un tentativo di dialogo perché la terra stava già cominciando a franare sotto i nostri piedi. Il dialogo poi si è trasformato nel voler esperire il momento di un evento, essere parte della trasformazione, creando quindi degli innesti che andavano a processare qualcosa di incalcolabile nell’azione con soggetti invitati a partecipare che non erano mai numeri investiti nell’esecuzione di qualche cosa. Potevano essere studenti invitati ad esporsi nella loro mera condizione nel cortile della loro scuola di scultura di Carrara The birds would sing in the other room, (2010); o giovani artisti della Stadelschule di Francoforte nell’assistere al tramonto/fallimento della civiltà capitalistica, salutandola con delle bandiere riportanti i colori del cielo e del sole in The Sunshine Vineyard (Our Ideal Revolutionary Storm), (2012); o un contadino nelle campagne lucchesi che insieme ad un giovane scrittore vuole entrare in contatto con il pubblico dell’arte con un fumogeno e uno specchio, Socíetas (Tra il Cielo e la Terra), (2009). In Towards the Earth (2012), dove ho invitato un indigeno dell’Amazzonia che viveva a Genova a raccontare al pubblico della propria terra di origine.

Francesca BanchelliThe Sunshine Vineyard (Our ideal Revolutionary Storm) Francesca Banchelli, 2012 Produced by Deutsche Börse Residency Program FRANKFURTER KUNSTVEREIN, D Performance (15 mins), 2 HD videos (color, sound, 8 mins and 17 mins) installation (various materials and dimensions)


A - Da dove nasce l’idea dei tuoi lavori in Video? Quali sono i presupposti concettuali? Puoi raccontare di questa pulsionalità sottrattiva e l‘urgenza creativa del soggetto ri-presi nel tentativo di fondersi.

FB - L’idea per una ripresa si trasforma quasi sempre in un’azione, infatti tanti dei miei video sono azioni registrate, come Sound of Silence (2009). Alcuni video invece cercano di aprire una pulsione narrativa rispetto ad un determinata tematica, come in Warm Waters (2016), sul concetto di confine, e Green Desert (2014), che è stata una commissione della TATE Modern di Londra in cui mi veniva chiesto di realizzare un video che facesse da catalizzatore tra l’operato dei Cuts-Out di Henri Matisse, in occasione della sua retrospettiva alla TATE, l’arte contemporanea e le famiglie che visitano la mostra. Questi video sono affrontati come dei dipinti, non c’è nessun tipo di distinzione, l’approccio è quello della composizione narrativa dei soggetti nello spazio e la loro combinazione cromatica. Come nei dipinti, ogni video è un trascorso narrativo a-temporale.

Francesca BanchelliGreen Desert Francesca Banchelli, 2014 TATE Modern, London (installation view) “This Morning I woke up from the most amazing dreams” Emiliano Zelada with a video by Francesca Banchelli


A - Quale futuro immagini per il tuo lavoro? Quale progettualità in questi tempi di emergenza che costringe a riformulare urgenze e necessità tra intimità e natura. Quali nuove attitudini - generate da una crisi sulla quale riflettere emergono nel rapporto con l’altro e la cura del bene comune …

FB - I nodi poliedrici del mio lavoro si stanno stringendo. Il mio lavoro sta chiudendo il ventaglio, focalizzando nell’immagine che vi rimane aperta, così come si è stretto il mio campo di cammino nel mondo, pur riuscendo ad addentrarmi in qualcosa di più essenziale, come il rapporto stretto con la natura; azzerando il processo di nomadismo il lavoro si è incanalato incuneandosi su due fronti annodati tra loro. E’ un passaggio importante. Vedo nella pittura e nella performance (non-performance) lo stesso percorso processuale, la stessa curiosità e lo stesso amore. Gli stessi soggetti che si trasformano insieme in una unica visione. La mia vita ha fatto un netto giro di boa tornando al mio Paese, il mondo ha fatto un giro di boa e questo non può essere distinto dall’opera. Sono diventata anche madre, e il mio tempo è cambiato, è nitido e solido, non ci sono sbavature e ha cambiato di colore.

Francesca BanchelliWarm Waters Francesca Banchelli, 2012/2014 HD Video, color, sound, 33’ 40”


Nel futuro e nel presente del mio lavoro non c’è complessità ma il voler trasmettere una certa complessità; la composizione mi dà la chiave per poter comunicare la complessità e poterne dare occasione di lettura. La composizione ha il potere di discernere la complessità poiché entra in connessione con l’esistenza, parlando di resistenza. Come non piazzarsi come artista al centro della necessità, come non riattivare il mistero dell’incomprensione e del distacco tra soggetto e mondo, come non riproporre la possibilità demiurgica di riconnettersi ripresentandosi come cura, ciò che ricerco nel dipinto Plateau (2019).

Francesca BanchelliPlateau Francesca Banchelli, 2019 olio, acrilico e lacca giapponese 130 x 97cm Courtesy l’artista


Riformulare una posizione, quella dell’arte, e dell’artista, non si tratta di attivismo o alla sua antitesi di disinteresse elitistico, si tratta di recuperare il proprio posto di artista come essere umano, quello che è diventato marginalità e inutilità.

La pittura è un gesto di decifrazione verso l’ignoto, in cui l’essere umano ha avvertito sin dalla preistoria il primo distacco mistico dalla realtà per riuscire a comprenderla o ad accudirla. Io, approccio con della terra colorata questa parete perché ho in serbo un contenitore pieno di quel momento in cui quel branco di animali stava correndo davanti a me (così forse si potrebbe tradurre il pensiero della persona che dipingeva i bisonti nella caverna); io sono già nella storia, e navigo in tutte le direzioni (così parlava forse la sua coscienza legata a quella collettiva umana, passata e futura). Nel tentativo di decifrazione, la realtà attraversa l’essere umano venendo restituita al mondo su una superficie (a)temporale.

 

Francesca Banchelli. I cani silenziosi se ne vanno via
DUEL - Museo Novecento
A cura di Sergio Risaliti e Eva Francioli
Site Museo Novecento Firenze
11 Luglio 2020 - 12 Ottobre 2020
@ 2020 Artext

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