Open Menu
MAC di Lissone
Francesco Lauretta
Festival

 
Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Pasavento, 2020, olio su tela, 110x180 cm. Courtesy l'artista.



Festival
Francesco Lauretta
cura di Francesca Guerisoli

Festival è la prima antologica di Francesco Lauretta (Ispica, Ragusa, 1964 – vive e lavora a Firenze). Una cinquantina tra le maggiori opere dell'artista conduce il pubblico nel vivo del suo percorso creativo. Dipinti, disegni, sculture, azioni, installazioni creano un'atmosfera gioiosa e vitale quale quella di un festival, festa popolare ricca di eventi d'arte, cultura, folclore e musica. Allestita sui tre piani del MAC, seguendo un ordinamento tematico, l'esposizione mette a fuoco i nodi principali del percorso di ricerca di Lauretta, già noto ai lissonesi per l'acquisizione del dipinto Dottor Pasavento con il Premio Lissone Pittura 2020.

Francesco Lauretta è un artista poliedrico, fine pensatore e autore di scritti filosofici, noto nell'ambiente artistico per la sua straordinaria capacità di interpretare il mondo attraverso la pittura. Spesso i suoi lavori non si limitano alla bi-dimensione del quadro, bensì si estendono nello spazio attraverso l'impiego di materiali eterogenei dando vita a installazioni multisensoriali.

Ciò che contraddistingue parte della sua produzione è la definizione attenta del dettaglio formale, la vivacità cromatica, i tagli spiazzanti con cui inquadra il soggetto, gli innesti di figure, cromie ed elementi che rendono enigmatica l'opera e molteplice la sua lettura. Se la gioia di vivere è caratteristica comune a tutti i suoi lavori, essa è veicolata, però, per contrasto attraverso la giustapposizione di “vita” e “morte”, generando una profonda, seppur calibrata, ambiguità.

I soggetti più frequenti sono folcloristici, popolari e raccontano le tradizioni locali soprattutto della sua Sicilia. Angeli che intonano un canto, processioni, feste di paese, funerali. Se pochi sono i ritratti, al contrario molti sono gli autoritratti in cui Lauretta assume altre vesti, come nella serie “Dottor Pasavento”. Nella sua produzione non mancano nemmeno grandi tele che ritraggono contadini, paesaggi urbani, mercati rionali, pietanze tipiche siciliane, ritratti di gruppo, marine.

Lauretta realizza anche singolari sculture ottenute da accumuli e revisioni di forme note, come la serie di vasi Pneuma (2018) a Reanimate scultura (1985-2017), qui allestite tra il primo e il secondo piano del museo.

L'opera di Francesco Lauretta non si esaurisce nello spazio espositivo. L'artista è anche autore di performance e azioni agite direttamente insieme al pubblico, di cui le più note sono il ciclo dei “Ritratti della morte” e “Scuola di Santa Rosa”, progetto che realizza dal 2017 con l'artista Antonio Presicce e che avrà luogo anche a Lissone.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Festival, MAC di Lissone, Vista della mostra.

Piano Terra

La mostra Festival si apre con due opere pittoriche e una serie di disegni, spolveri e scritti d'artista che si fanno sintesi del percorso di Francesco Lauretta. Questo primo nucleo di opere sollecita domande e visioni che, sono indizi di ciò che si sprigionerà ai piani superiori del museo.

“Pasavento all'ingresso è un manifesto. Lui, attende il pubblico. Sulla parete opposta ci sono i contadini di Les demoiselles d'Avignon. E una corona di disegni lega il tempo recente con quello trascorso. Pasavento è arrivato durante l'anno della pandemia; “Le signorine nell'anno Zero” le ho dipinte vent'anni prima.
In questa disposizione emerge un racconto lungo di anni, così come il desiderio di chi vedeva l'arte scorrere su sentieri eccitanti e osservava la pittura con la diffidenza che potesse ancora entrare con una falcata nel terzo millennio. Le “signorine dipinte” mostravano tutta la sintesi delle gesta gloriose che la pittura aveva ereditato dal secolo precedente, anticipandolo per poi proseguire fino a quel momento: da Van Gogh a Cézanne, da De Kooning a Les demoiselles. Quell'azzardo dipinto poneva domande: chi sono i contadini dipinti nell'anno 2000? Era possibile dipingerli come le famose demoiselles nel principio dello scorso secolo? In breve: sarebbe ancora stato possibile inaugurare un corso nuovo muovendosi in un medium che aveva attraversato un secolo ricchissimo di eventi che lo avevano maltrattato, spinto, colpito ai fianchi fino alla fine, tanto che pareva avesse perso ogni credibilità, presenza in una storia (dell'arte) ormai sfilacciata ma straordinariamente vivace?
Era giunto il momento, per me, di iniziare un percorso che sarebbe durato a lungo, magari una vita intera, perché sostenevo che la pittura potesse sorprenderci ancora nonostante la sua gloria e le sue macerie. Cominciò a frullarmi in testa l'idea che potessi essere un ingegnere, e per costruire avrei dovuto ricomporre ogni dettaglio del mondo nuovo, compresa la postura della mia identità d'artista, autoriale, così prepotente da sempre per chi metteva idee e mani al lavoro nella materia pittorica apparentemente infinita.
E vent'anni dopo appare un mascherato: Pasavento. Nel quadro, campeggia un tappeto fiorito, fatto di pittura e pittori del nuovo millennio, mentre nell'altra metà del quadro appare lui, il doppio, il sosia, Pasavento, rilassato ad un tavolo di lavoro, dipinto come un bagnante o una demoiselle d'...”.
Francesco Lauretta

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Dottor Pasavento, 2020, olio su tela, 93x70 cm. Premio Lissone Pittura – Premio acquisto 2020-2021. Courtesy MAC Lissone.


Pasavento, 2020
olio su tela, 93x70 cm

Nel suo percorso, Lauretta ha indossato spesso maschere. Pasavento è quella che utilizza attualmente. In origine, faceva uso di una maschera specchiante che consentiva agli astanti di intravedere ciò che stesse realizzando. Una “maschera abitacolo” usata durante gli incontri alla “Scuola di Santa Rosa” che fungeva anche da strumento di percezione multipla del reale, difficile da abbracciare pienamente. Nel tempo, la maschera è mutata in turchese, poi dorata e infine gialla per Pasavento; con il modificarsi del colore è cambiato anche il suo uso. Il corpo dell'artista interviene intorno alla pittura in modo performativo.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Les Demoiselles d'Avignon, 2000, olio su tela, 128x196 cm. Collezione Privata.


Les demoiselles d'Avignon, 2000
olio su tela, 196 x 128 cm

L'opera è stata realizzata dopo la prima personale dell'artista, “Valori Plastici”, tenuta presso la galleria di Guido Carbone a Torino nel 1999. Il dipinto mostra un gruppo di contadini in pausa pranzo adagiati all'ombra di un grande albero di gelso. I soggetti ritratti, in posa e sorridenti, sono tutti riconoscibili e rispondono alla chiamata di un amico che li appella ironicamente “Signorine!”. La particolarità del quadro sta nel paesaggio che fa da contorno alla scena: un vero e proprio sunto della storia della pittura moderna, da Cézanne e Van Gogh fino a De Kooning.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Festivale, 2021, olio su tela, 130x180 cm. Courtesy l'artista.


Piano Primo

In un recente incontro con i ragazzi dell'Accademia di Urbino a una domanda relativa a una mia possibile retrospettiva, o antologica, avevo risposto, ironicamente ma non troppo, che sarebbe stata impossibile. Perché? Semplicemente perché molte mie opere sono disperse, ridipinte, distrutte.

Al Primo primo sono allestite tele e disegni degli esordi di Francesco Lauretta in dialogo con alcuni pezzi più recenti. Tra le opere cardine del suo percorso troviamo Idola, il suo primo dipinto, esposto nella sua prima mostra di pittura, che spostò definitivamente la sua attenzione verso tale medium.

Al MAC, Lauretta affianca a Idola alcune tele: Pensa cos'è, questo il punto e il ciclo de I sucati (gli espulsi). Idealmente, il percorso di visita consente di attraversare il tempo avanti e indietro, come un Rigodon, un passo di danza che consente di intravedere il proprio trascorso aprendo a prospettive inedite e reinterpretazioni. I sucati, vecchi quadri su cui l'artista è intervenuto in momenti successivi, mostrano come l'artista riesca ad agire sul proprio lavoro in senso a-temporale.

Proseguendo nella visita troviamo Dante, Quasi euforia (James Lee Byars), Il quadro più bello della nostra vita (remix), tutti dipinti cinti da cornici bicolore. Tali cornici non sono semplici accessori, bensì rispondono alla necessità dell'artista di ridiscutere il medium: “La cornice, nello spazio del quadro, è la congiunzione luminosa dell’esistenza e delle inesistenze; qui, le cornici sono confini incerti che separano l’essere dal non essere, fanno saltare i recinti. Finalmente, con queste cornici, riuscivo a combaciare la pratica pittorica con l'idea”.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Idola, 1998, olio su tela, 115x210 cm. Collezione Privata.


Idola, 1998
olio su tela, 115 x 210 cm

Idola è la prima processione dipinta da Lauretta. Sotteso blu assortito e Rosso sciantoso sono altre processioni che troviamo nella personale “Le metafisiche” (Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea, 2003). Dai titoli si comprende che se da un lato all'artista interessava esporre il rito, dall'altro, dipingere la folla festiva gli consentiva di pensare alla pittura in sé e al fenomeno della percezione del colore: “Più elaboravo l'immagine più l'immagine usciva imbalsamata. Come è naturale, oggi rivedo e dipingo le processioni diversamente rispetto a dieci-quindici anni fa, e se le dipingo è perché del rito della festa mi interessa il suo processo narrativo e della sua trasgressione in un mondo equivalente a un conformismo vuoto”. Le ultime processioni dipinte, tra cui Idola (remix) sono del 2018.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, I Sucati 8, 2017, olio su tela, 100x76 cm. Courtesy l'artista.


I sucati, 2014-2017
olio su tela, dimensioni varie da 35 x 50 cm a 80 x 60 cm

I sucati (gli espulsi) sono opere realizzate con scarti a cui sono stati applicati colori in esubero che hanno composto il trittico esposto nella mostra collettiva “Idioti” del 2017. I colori rigeneranti sono gialli, blu, rossi in tutte le sfumature possibili. I sucati costituiscono una riflessione sul mutamento di intenti rispetto a come l'artista concepiva, concepisce e concepirà la pittura: “Ad un certo punto, guardandomi intorno, riuscivo a vedere macerie, opere presunte o che erano cresciute nel tempo e poi nel tempo sentite diverse, estranee, o inutili. Per me è stato naturale incidere retroattivamente su di esse. In breve, ogni mia opera, pensiero, gesto, canto, racconto convive simultaneamente e influenza il mio passato e il mio futuro”.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Dante (cascine), 2018, olio su tela, cornice bicolore, 115,5x83,5 cm. Courtesy l'artista.

Dante, 2018
olio su tela, cornice bicolore, 115,5x83,5 cm

Dante è uno dei quadri abbracciati – come dice l'artista – da cornici bicolore. Dante e i dipinti della stessa serie sono vere e proprie passeggiate tra le Cascine: un cane, uno o più signori nel paesaggio, uno sportivo che corre e così via. Suggellano momenti di vita quotidiana apparentemente serena che si insinuano negli interstizi di quella più complessa e quotidiana di tutti noi. Solo i colori, saturi, suggeriscono i veri umori di quanto si vede. I dipinti sono come scene di film: qui è il colore, come nel film la colonna sonora, a svolgere il ruolo chiave per capire cosa sta succedendo o accadrà subito dopo la nostra visione.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Festival, MAC di Lissone, Vista della mostra.

“Non saremo noi, Abracadabra, Agrigento, Scorfano, Detective, Sonatine e Dolce.
Questo insieme di opere sono lo zoccolo duro di un momento in cui la mia pittura si schiantava con prepotenza sulla tela. In parte, il luogo, il suo paesaggio, i suoi personaggi hanno fatto della città di Ispica un luogo-mondo, il centro metafisico. Ma, Non saremo noi, così come gli angeli dipinti, indicava anche un fuori-scena, o una scena improbabile di una pittura che pareva tenersi distante dalle urgenze e dai suoi straordinari sviluppi di quegli anni. Pareva essere una pittura sospesa e, a rivedere insieme queste opere, è percepibile una duttilità assolutamente inedita, prepotente direi, del medium pittorico condotto in un gloria. Non fosse per la luce e la saturazione dei colori, la pittura potrebbe sembrare anacronistica quando, diversamente, la superficie di impianto Pop rivendica quell'immaginario olistico del Sud del mondo. Il colore è “sciantoso” e assortito, a volte talmente abbacinante da rendere difformi le sue figure e la narrazione.
Questa pittura si spense intorno al 2006, dopo la scomparsa di Guido Carbone, amico profondo e gallerista che volle fortemente che cominciassi a dipingere. Ecco spuntare, con sommo sconcerto per chi cominciava ad apprezzare l'opera pittorica fin lì esibita, una mostra del 2007 che mise in avanti il mio sguardo: 'Privato'. In 'Privato' tutto è pittorico: l'aria, il pensiero, la fine dell'esistenza stessa.
A Lissone espongo due parti di “Privato”: Al mondo I e Da qualche parte. I titoli dei quadri di della mostra del 2007 formavano un verso che raccontava, come una sequenza filmica, la storia di una signora (a Signurina). Si tratta della mia storia infantile, di una casa, lo spettro d'una vita che, inevitabilmente, tocca altre vite e le deforma. Da allora è stato come saltare nel buio, perché era il momento di iniziare a fare sul serio, e cioè quello di dare una svolta al mio corso e cercare di correggere gli abiti di pittore che mi stavano stretti per adattarli a un corpo nuovo. Prima del buio avevo compreso che avrei dovuto vestire i panni di ingegnere, e sarebbero stati anni, quelli a venire, durissimi”.
Francesco Lauretta

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Abracadabra, 2003 olio su tela, 183 x 117 cm. Vista della mostra.


Abracadabra, 2003
olio su tela, 183 x 117 cm

L'opera ritrae un contadino sulla famosa gradinata di Caltagirone. Così colorata, a suo modo bellissima e kitsch, appare come una figura metafisica. Il gesto del contadino sembra indicare la dissonanza, ironica, di come ogni luogo possa essere rivisto con meraviglia.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Sonatine, 2005, olio su tela, 179x219 cm. Courtesy Antonio Colombo Arte Contemporanea.

Sonatine, 2005
olio su tela, 179 x 219 cm

Detective e Sonatine sono moniti, angeli che cantano e si affacciano dai cieli ispicesi. In Detective domina la luce che circonda l'angelo che si staglia in primo piano sulla Cava di Ispica; in Sonatine campeggia una visione dell'antica Ispica ombrata di nubi e la cava al suo ingresso. Se titolo “detective” allude allo sforzo di ciascuno di comprendere le parole cantate dall'angelo, “sonatine” evoca il canto. “Mi piaceva l'idea dei canti soprannaturali e, pertanto, incomprensibili e inascoltati. Gli occhi chiusi e la bocca aperta al canto dicono la distanza tra le cose umane e quelle divine”.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Il quadro più bello della nostra vita (remix), 2017, olio su tela e cornice bicolore, 50x70 cm. Collezione Privata

Il quadro più bello della nostra vita (remix), 2017
olio su tela, cornice bicolore, 50 x 70 cm

Un piccolo quadro, qui “remix”, rifatto per la seconda volta. Potrebbe essere definito come il quadro perfetto, solare, generoso, perché dai corpi dei ragazzini che si librano nell'aria – che volteggiano nel campetto da calcio come farfalle in volo – emerge fiducia e spensieratezza, gioia di vivere.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Festival, MAC di Lissone, Vista della mostra.

Secondo piano

Questa sezione della mostra espone gli ultimi lavori di Francesco Lauretta. Troviamo ampia diffusione del suo “io collettivo” nelle varie manifestazioni dell'eteronimo dell'artista “Pasavento” e negli autoritratti come San Girolamo, di cui qui è presente San Gerolamo e i suoi gatti. La figura di Pasavento è al centro della sua attuale produzione. Lauretta non aveva ancora vent'anni quando gli consigliarono, appena pubblicato, Il libro dell'inquietudine di Fernando Pessoa: “A quell'età lo trovai ostico, non capivo l'importanza che poi col tempo tutta la sua opera avrebbe avuto sulla mia formazione. Ma, al contempo, ne intuivo la straordinarietà dell'eteronomia: successe che mi appropriai di tutte le sue opere e le vissi, così come i suoi personaggi straordinari”. Il “Pasavento” di Lauretta vive la luce quando la Scuola dei Linguaggi e della Cultura di Fenysia di Firenze gli chiese di pensare a una possibile personale per i suoi spazi; tra i molti libri esposti nella biblioteca gli cadde l'occhio su “Dottor Pasavento” di Enrique Vila-Matas. Nel 2019 Pasavento venne esposto nella personale presso gli spazi di Fenysia, “e da quel momento – dice l'artista – ci sosteniamo a vicenda”.

Chi è Pasavento? Così viene descritto da Feltrinelli Editore, che nel 2008 ha pubblicato l'edizione italiana del libro di Enrique Vila-Matas: “L’eroe morale dello scrittore e dottore Pasavento è Robert Walser. Ne ammira il desiderio di passare inosservato, la vita di bella infelicità che portò avanti e l’estrema ripugnanza che gli davano il potere e la grandezza letteraria. Perseguire il destino di questo scrittore significa per Pasavento ritirarsi dal mondo, come lo prova d’altronde la sua calligrafia, sempre più microscopica, e che infine lo porta ad abbandonare la penna per la matita perché più vicina alla sparizione, all’eclisse. Vuole nascondersi, e un giorno sparisce (…). Nessuno cerca il dottor Pasavento e a poco a poco s’impone questa semplice verità: nessuno pensa a lui. Lo vediamo allora ricorrere alla strategia della rinuncia. All’Io, alla grandezza e alla sua supposta dignità, tra mille contraddizioni, fino a credere d’incarnare da solo la storia della sparizione del soggetto in Occidente (...)”.

Tra le serie di Lauretta in lavorazione troviamo anche i lavori Festivale, veri e propri inni alla vita così come l'opera che apre il Piano secondo, A Perfect Day, a cui si accompagnano Le bagnanti, guizzanti motti di speranza. A chiudere il cerchio, due angeli: Angelus Rusticus e We Shall Overcome. Il canto dell'angelo, se da un lato può essere un monito, dall'altro può essere anche benaugurante.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, San Gerolamo e i suoi gatti, 2020, olio e argento su tela, 135x180 cm. Collezione Privata.


San Gerolamo e i suoi gatti, 2020
Olio e argento su tela, 135 x 180 cm

“Alcuni anni fa un amico mi inviò l'immagine di una piccola tavola dipinta da Albrecht Dürer, un San Girolamo penitente, e mi scrisse: potresti essere stato il modello di Dürer, perfetto per interpretare il penitente. Ecco, mi son detto, posso dipingermi come un santo, e con Girolamo, interpretandolo, posso attraversare epoche e luoghi; posso anche comprendere le penitenze e interpretarle a mio modo. Da quel momento sono stato molti San Girolamo penitente, ma ho anche pensato che, come “santo”, potevo concedermi anche momenti di tregua o interpretare le penitenze come tentazioni. Da qui ho realizzato molti autoritratti del santo, l'ho dipinto con o senza leone, con curiose aureole, o “penitente” perché ha mangiato una cassata. I leoni, qui, sono due gattini, o cuccioli di leone, che ho chiamato Banbo (Teodoro) e Frida (Lilli). Essere San Girolamo è come sognare i sogni di un altro, o lo stare sulla scena del mondo in età diverse, dove si consuma una recita sublime perché inadatta a ogni presente che trama qualcosa di estinguibile, prossimo alla fine e alla morte, mentre un santo non può”.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Pasavento, performance. Courtesy l'artista.


Dottor Pasavento, 2020
olio su tela, 93 x 70 cm

Questa selezione di Pasavento va a completare la prima opera in mostra, Pasavento (2020). Dice Lauretta: “Pasavento è un inesistente. Mi ha consentito di mettere in mostra le opere di un artista come non fossi io, ma di un personaggio reinventato: un inedito. La parete, riproposta qui interamente, mostra una schizofrenia malinconica e le opere, in senso barocco, fanno emergere la solitudine del personaggio, dell’io che narra e mostra quel desiderio della sparizione e dell’estinzione. Il giallo è il colore dominante e dà ritmo alle opere dipinte e disegnate. Troviamo tracce di Walser, di Sebald, di Lauretta ritratto penitente con le sue prove di abbronzamento estivo nella sua terrazza fiorentina e in costume da bagno. Troviamo le donne napoletane che facevano sognare il dottor Pasavento del romanzo di Vila-Matas, il giardino dell’Eden; attraversiamo tutto questo finché scopriamo che è trascorso, evanescente. Pasavento è la parete di un artista che non vuole nascere perché non vuole morire e che domanda: che cosa è esattamente un autore? Un microcosmo di solitudini sembra zampillare nello spazio.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, The Battle, 2011-2019, performance. Courtesy l'artista e Fondazione Pietro e Alberto Rossini, Briosco.


The Battle (disegni dal ciclo di performance sulla morte), 2011-2019
grafite su carta, dimensioni ambiente

I disegni sono tracce di una serie di performance che l'artista realizza dal 2011 in cui ritrae persone come se fossero morte. Le performance, che assumono un titolo diverso ad ogni edizione, hanno preso avvio con “Apologhi”, a Made in Filandia, Pergine Valdarno, e poi in diversi altri luoghi: Fondazione Pietro e Alberto Rossini, Briosco (The Battle, 2018), Assab One, Milano (Il corpo morto, 2018), Tenuta dello Scompiglio, Capannori (In Hora mortis, 2019). La performance porta a confrontarsi con la propria esistenza individuale. L'artista ritrae chi, di volta in volta, si adagia sul giaciglio preparato per l'occasione. Il visitatore si sdraia sul letto e attende di essere ritratto. Ogni disegno è rapido, caratterizzato da alcuni dettagli che rendono riconoscibile il soggetto. “Come Caronte, cerco di fermare con un disegno i tratti privati di vita di ognuno per accompagnarli, per un attimo, in uno spazio invisibile. Questa prova che ormai rinnovo da alcuni anni mi mette sempre nella condizione di accarezzare la morte”.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Festivale (oro) 2021, oro, olio su tela, 145x220 cm. Courtesy l'artista.


Festivale (oro), 2021
oro, olio su tela,145 x 220 cm

Nella serie Festivale la pittura si fa teatro, messa in scena. Cavallo bianco. Coro. Pasavento. Cittadina. Ispica, ancora una volta come scenario teatrale dove tutto si genera e muore. Un interno e un esterno. Musicisti. Un giovane pavone. Un laghetto per lo specchio narciso, e la sua illusione. Un trionfo della festa come rito collettivo. La polvere come sintomo della fine della festa. Nella festa – festivale – non deve mancare nulla. Porta in sé un momento di vita assoluta, e comprende anche la sua fine. Fuochi d'artificio. Fichi. Orchidee bianche. Palme. Nella festa può succedere di tutto. Discoteca all'aperto. Costumi. Tartine. Miele. Fragole. Nella festa l'iperrealismo sconfina nel surrealismo e nelle cose sognate.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Bagnanti, 2020, olio, inchiostri e pigmenti su tela, 140x100 cm. Courtesy l'artista.


Bagnanti, 2020
olio, inchiostri e pigmenti su tela, 140 x 100 cm

Il ciclo delle Bagnanti presenta disegni che evocano rinascite. L’idea iniziale dell'artista era quella di formare grandi quadri che evocassero la mitologia e il desiderio troppo umano di vivere la vecchiaia o la morte mettendo in evidenza un lavoro sul corpo rinvigorito, differente dai corpi prosperi giovanili che, grazie al bagno, alla purificazione, riottengono energie, vitalità, felicità. La pittura come medium, in modo esemplare, consente all'artista questa possibilità ed esplorazione. Le bagnanti – dalle miniature medievali del mito della fonte miracolosa e fino alle bagnanti di Courbet, Cézanne, Picasso e a certe danze di Matisse – divengono per Lauretta spiriti, corpi rigenerati.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Pneuma, 2018. Sei vasi in ceramica, piante, h. 50-35 cm. Courtesy l'artista.


Pneuma, 2018
6 vasi ceramica, piante h 50 – 35 cm

I vasi di Lauretta sono rotti. Sono il frantumarsi di immagini che fanno deragliare il tempo, la frammentazione del tempo-narrativo. Tutto si forma, si mostra, si demolisce, si rigenera in mille pezzi, divenendo infinite immagini che scoppiano e si moltiplicano. I colori danzano e tatuano i cocci. L'immagine si fa e si disfa. Questi vasi sono formati da così tanti segni e disegni da non mostrare niente. Qui il tempo perde la sua durata e lo pneuma si libera definitivamente.

Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Reanimate scultura, 1985-2017, materiali vari, dimensioni ambientali. Courtesy l'artista


Il mare a Lissone, 2021
Intervento audio inedito site-specific per il MAC. Con la collaborazione di Michele Spadaro

“Una sera d'estate a porto Ulisse, in spiaggia, al suono delle onde e alla luce dorata che lentamente si spegneva in spiaggia, proveniva da un centinaio di metri il colpo del basso House di un dj set allestito in un piccolo resort. Amo la House Music come i suoi derivati, ma odio la musica e i rumori nel mio mare. Quella sera, però, quel colpo attutito dalla distanza, mischiato con la brezza marina e le onde poco agitate e il sole dorato di fine giornata davano a quel momento un impulso delicato, sognante. Mi era appena stata comunicata la possibilità di fare una mostra al MAC di Lissone. E, in quel momento, ricordando la Lissone di alcuni anni fa, in una sera nebbiosa e fredda, mi son detto: provo a portare il mare a Lissone. Amo la nebbia, è metafisica. Facendo una ricerca veloce delle immagini del museo ho visto una foto che lo mostrava, di sera, con la sua immensa vetrata illuminata dov'era possibile scorgervi i tre piani. Sembrava un “museo acquario”. E in quel momento mi sono detto che se fosse stato possibile avrei desiderato portare il frammento di una realtà sognata in un'altra. Volevo cioè innestare un momento che mi sembra percorso da una atemporalità impropria. Un'opera, questa, possibile? Desiderabile e possibile, certo, e mi sono detto, a Lissone sarebbe ancor più percepibile perché impossibile”.
Francesco Lauretta


Francesco LaurettaFrancesco Lauretta, Scuola di Santa Rosa, azione partecipata.


Scuola di Santa Rosa
azione partecipata, 180 min.

“Scuola di Santa Rosa” è un progetto di Francesco Lauretta e Luigi Antonio Presicce che ha preso avvio il 9 ottobre 2017 a Firenze, al Lungarno Santa Rosa. Per un anno intero, ogni martedì, i due artisti si sono incontrati al Bistrot di Santa Rosa per disegnare collettivamente con chiunque lo desiderasse. Lauretta e Presicce si offrono come maestri di disegno e impartiscono lezioni gratuite: “Come allievi d’una scuola suprema condividiamo la bellezza intorno, e lo stupore, come la visitazione, non si cerca, non si desidera né si sente il bisogno di rincorrerlo ma avviene, diviene a noi possibile perché piccoli miracoli accadono. Ci s’immerge in un tempo diverso dal quotidiano attraverso una strettoia, porta che conduce fuori dall’ordinario. In breve è una scuola libera di disegno. Una compiuta liberazione dalle preoccupazioni e stress dove alla fine avviene una sovversiva e irresistibile pura soggettività, come ai primordi del soggetto. Non a caso mi piace pensare alla Quinta passeggiata di Rousseau. Col tempo una nuvola di giovani e meno giovani, artisti e non, ci ha raggiunto condividendo questa fantasticheria che genera piccoli miracoli nei disegni e nella condivisione di una felice inutilità”.

 

Festival
Francesco Lauretta
A cura di Francesca Guerisoli
Museo d'Arte Moderna di Lissone 30 ottobre 2021 – 29 gennaio 2022
@ 2022 Artext

Share