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Museo Novecento
Cecily Brown
Dialoghi

 
Cecily BrownCecily Brown, portrait Photo: © Mark Hartman



Cecily Brown
Temptations, Torments, Trials and Tribulations

Sergio Risaliti -
Poche volte mi capita di entrare in uno studio di artista ed avvertire una energia fuori dal comune. Nello studio di Cecily a NY sono rimasto abbastanza sconvolto proprio da questa (qualità di) energia armoniosa che emanava dalla sua persona, nei suoi quadri, dal suo modo di dipingere. Riuscire ad assumere su di se tutte le sfumature della natura umana, nelle sue più ampie e contradditorie direzioni, e come assumerle e viverle, fondamentalmente e poi trasferirle in un tessuto pittorico, vivendo con gioia quasi un entusiasmo panico, dionisiaco il rapporto con l'arte di tutti i tempi.

Che sia l'arte del passato, l'arte moderna, l'arte europea questo fa parte del suo essere artista e donna nella tradizione dell'espressionismo. Avere un atteggiamento critico, fare tabula rasa del passato quasi di violento contrasto, era tipico di un cultura un poco maschista di questa era e dell'espressionismo astratto americano.

Io credo che la pittura e l'arte di Cecily sia importante per Firenze perché ci fa capire e ci insegna quello che noi non riusciamo a fare in italia. Vivere con grande rispetto ed ammirazione il passato senza lasciarsene schiacciare o sentirlo con nostalgia e malinconia, ma senza volerlo cancellare. Quindi questa capacità di sintesi armoniosa di fare eco di geografie e sentimenti, emozioni e sensazioni credo sia un grande esempio per tutti noi e tutta la società di oggi che apparentemente sembra non avere ideologie con cui confrontarsi o contrasti duri, ma in realtà è una società che tende sempre di più ad essere divisiva.
A questo serve un'arte come quella di Cecily, gioiosamente comprensiva, inclusiva e risolutiva in questa dialettica degli opposti.

Cecily BrownCecily Brown, The Temptation of St. Anthony (After Michelangelo), 2010 watercolour, gouache, ink on paper


Cecily Brown | Sergio Risaliti

Sergio Risaliti - Fonte di ispirazione di questa serie di dipinti esposti al Museo Novecento, in gran parte inediti, sono Le Tentazioni di sant’Antonio. Già Condivi e Vasari ci ricordano che addirittura il giovane Michelangelo fu messo alla prova su questo soggetto dal suo maestro Ghirlandaio che gli chiese di copiare un'incisione di Martin Schongauer.
Di questa prova esite una tavoletta attribuita al Buonarroti che si trova in Texas. Al Museo Novecento eccezionalmente viene esposta una simile copia, tratta da Schongauer, di collezione privata. Un dialogo ancora una volta tra la contemporaneità e il grande patrimonio artistico rinascimentale. Puoi raccontare di questa tua capacità di fronteggiare tanto la grandezza del passato quanto la radicalità delle avanguardie novecentesche?

Cecily Brown - Mi sento fortunata ad essere qui a Firenze. Ad avere una galleria a Napoli che mi ha permesso di entrare in contatto con le opere dell'arte italiana. L'ispirazione da Michelangelo è qualcosa che porto avanti da diveri anni. Naturalmente Le tentazioni di Sant'Antonio di Schongauer sono al centro dellla mia posizione artistica e del mio lavoro. Quest'opera fa parte dello scheletro dei quadri che sono in mostra, realizzati praticamente tutti con una energia sempre diversa.
Infatti sono molto affascinata del lavoro di Schongauer e dei demoni straordinari che sono intorno alla figura di Sant'Antonio abate, ed anche intimorita nel confrontarmi con artisti importanti quanto Michelangelo.
Naturalmente tengo anche a dire che prendo ispirazione da queste immagini, quelle che danno nascita al mio lavoro, ma poi le elaboro con la mia espressione partendo appunto da uno scheletro. Il mio lavoro come spesso menzionato trae ispirazione dal passato, come molti altri artisti che trovano risorse dai grandi maestri dell'arte, per poi creare qualcosa di nuovo, portando avanti in qualche modo questa comunicazione tra presente e passato.

SR - Le tue “Abstract narratives” (narrazioni astratte), come le hai definite, non abbandonano mai del tutto la figurazione e mettono in discussione e ironizzano sulla mascolinità storicamente legata all'Espressionismo astratto e alle sue mitiche figure esplorando le infinte potenzialità della forma e del colore, vitalità, carnalità e sensualità...

CB - Nel momento in cui c'è un'immagine chiara, la mente si assesta. E io non voglio che si stabilizzi. Mi piacciono l'inquietudine, l'apertura e l'ambiguità che ci sono quando c'è un continuo cambiamento in corso.

Cecily BrownMichelangelo Buonarroti, Tormento di sant'Antonio, 1487-1489 ca - Martin Schongauer, Le Tentazioni di sant’Antonio, (1470)


Dichiarazioni
Cecily Brown


D - Pensi che reinventare il discorso della pittura spetti in definitiva agli artisti?

CB - Ciò che i pittori hanno fatto negli ultimi vent’anni richiede una reinvenzione per tale discorso. Certamente c’è una scrittura artistica che sta tentando di fare questo. Un punto critico sembra essere la questione della forma e di come analizzarla. Ad esempio, cosa significa formale?

D - Ti poni questa domanda ad ogni nuovo dipinto?
E poi, come si inizia un nuovo dipinto?

CB - Non rimango a fissare la tela bianca, vado avanti abbastanza velocemente. L'inizio è il più emozionante. Spesso stendo una campitura di un solo colore e non ho un'immagine chiara in mente, dove andare. Comincio a spingere il colore fino a quando le forme non mi si presentano, di solito molto rapidamente. E' così che comincio.
In seguito metto da parte le opere e continuo a lavorarci per settimane o mesi.

D - Quanto tempo impieghi per completare un dipinto?

CB - Per un dipinto la media è di tre o quattro mesi, ma le opere tendono a restare in studio almeno un anno.
Per me è molto utile avere molte cose in esecuzione contemporaneamente.

D - New York è un posto più interessante di Londra per un'artista che si occupa di energia e movimento?

CB - È difficile dirlo perché mi sono trasferita qui molto giovane e il mio lavoro si è trasformato da quando sono qui. Forse ha a che fare con l'energia di New York, non lo so. Un dipinto che abbia energia e movimento è estremamente importante per me, quindi può darsi che l'energia irrequieta di New York alimenti molto di questo, ma spesso lavoro fuori città e i dipinti hanno altrettanto movimento ed energia.

Cecily BrownInside Artist Cecily Brown’s New York Studio


D - Il tuo lavoro è più figurativo o astratto, o entrambi?

CB - Entrambi. Cerco costantemente di renderlo più figurativo e il figurativo tende a scomparire mentre dipingo. Quando l'opera diventa troppo astratta passo un periodo in cui realizzo dipinti chiaramente figurativi per riportare la figura al centro dell'attenzione. Ci sono sempre frammenti di figurazione anche se non è evidente a prima vista.
Preferisco uno stato di flusso in cui il processo è ancora in divenire. Fin dall'inizio ero consapevole del fatto che le persone guardano i quadri molto velocemente, non sono molto interessate a un dipinto, avevo quindi il desiderio di far sì che si rimanesse a guardare. Non mi attirano le immagini nascoste, ma mi piace la sensazione che si tragga beneficio da uno sguardo prolungato e ravvicinato, che si trasmetta un senso di movimento e che ci si muova mentre si guarda un dipinto e che così si sveli. Il significato è sempre mutevole, proprio come la pittura.

D - Perché nel tuo lavoro c'è un'energia animale, selvaggia che a detta di tutti, è quasi maschile?

CB - Più che per l'energia, pensavo che fosse dovuto al fatto di essere in linea con la tradizione di certi pittori maschi. Ci sono alcuni animali raffigurati. Preferisco sempre usare gli animali, perché il loro significato sembra meno didascalico di quando si ricorre agli esseri umani.

D - Qual è il tuo animale preferito da dipingere?

CB - I conigli, ma al momento sto dipingendo molti cani. Probabilmente sono l'unica persona che riesce a vederli, continuano a sparire. Il corpo può scomparire e diventare qualcos'altro che può essere più interessante perché più ambiguo e aperto all'interpretazione. Questa idea viene da Francis Bacon; il senso di una figura senza descriverla veramente è qualcosa che ho sempre voluto fare. È assurdo dipingere una figura quando tutto è già stato fatto, ma io ancora cerco una presenza e non sono particolarmente interessata alla pittura astratta.

D - Il tuo lavoro è sempre incentrato sul conflitto?

CB - Sono sempre stata attratta da soggetti drammatici, battaglie, naufragi, i primi dipinti a sfondo sessuale, le guerre e i conflitti. Man mano che il sesso è diventato meno figurato e ho trasferito l'energia dal dipingere persone che fanno sesso, sto cercando di trasmetterla senza entrare nei dettagli. Se il dipinto è troppo tranquillo, lo metto in conflitto con se stesso, ma cerco di evitare di fare dipinti topici. I 'Cops on the Beach' di anni fa sono un momento figurativo a cui di solito non faccio riferimento.

Cecily BrownCecily, Brown Run Away Child, Running Wild, 2022-23 signed, dated verso oil on UV-curable pigment on linen


D - Più guardo i tuoi dipinti, sembra che lo spazio e la luce siano i suoi soggetti.

CB - Sì, se dipingi qualcosa, in qualche modo dipingi con un tono, una certa aria. Non è tanto l'incertezza che cerco di ottenere come contenuto, quanto il desiderio di affascinare e intrattenere lo spettatore. Credo che il primo compito di un pittore sia quello di convincere qualcuno a guardare un quadro. Forse si tratta di movimento e luce. Il fatto che il dipinto cambi davanti ai nostri occhi gli conferisce una qualità quasi cinematografica: la luce si muove sulla superficie e crea nuove immagini davanti a noi.

D - Parliamo del modo in cui i tuoi dipinti scoraggiano la visione fissa. Sembrano voler essere percepiti da più punti di vista.

CB - In un certo senso, è quello che la pittura ha sempre fatto. Un quadro si trasforma e cambia quando si va avanti e indietro; così è stato da Velásquez a Pollock. Se la destabilizzazione non è il contenuto, è almeno qualcosa di continuamente presente.

D - E questa destabilizzazione diventa quasi il soggetto o il contenuto del dipinto. Vuoi che l'incertezza sia il contenuto?

CB - Sì, è sempre attuale; è questo che rende la pittura così affascinante, il fatto che sia fissa ma in movimento. L'ho detto da qualche parte. Questo tipo di comportamento dell'immagine è proprio del cinema. Ogni quadro appare diverso a seconda della visione, e forma una sorta di composizione nella mente: " Il quadro oggi ha mostrato questo, ieri quest'altro". I quadri si comportano in questo modo, o meglio le persone che li osservano, quindi ho cercato di accentuare questo senso di mutevolezza.

D - La qualità dei tuoi dipinti sottolinea soprattutto la natura non fissa delle cose; pensi che abbiano un punto di vista preferito? Oppure ciò cambia man mano che cambia la nostra relazione fisica con il dipinto?

CB - Credo sia questo il motivo per cui mi aggrappo alla figurazione: sembra più probabile che un'opera figurata attiri l'attenzione della gente. È un richiamo, soprattutto nella pittura narrativa, dove le persone si sentono coinvolte nell'azione. Penso che quando si dipinge in modo puramente astratto, se esiste una cosa del genere, si rischia di non coinvolgere lo spettatore allo stesso modo. Gli spettatori vogliono sentirsi parte dello spazio del dipinto.

Cecily BrownCecily Brown. Couple (2004)


D - C'è aspettativa di essere intrattenuti. Ma non esiste un protocollo per costringere la gente a guardare i dipinti.

CB - Vado sempre nel panico quando in un mio dipinto non c'è davvero una figura o una traccia di una figura.

D - Il referente non è mai visibile; non è possibile iniziare con qualcosa che poi si ritrae. Mi piace pensare che tu realizzi un dipinto sullo sfondo di tutti gli altri quadri, quindi le figure sono lì, fuori scena. Il tuo obiettivo è sempre quello di dipingere un quadro, non solo un'astrazione?

CB - È un tipo di situazione in cui sei totalmente ripiegato su te stesso per evocare qualcosa, e affrontare quella situazione di non sapere quale sarà l'immagine, questo mi interessa forse perché mi rende così inquieta.
Penso che sia quasi impossibile non alludere a qualcosa. Devo dire che “astrazione” è un termine che personalmente trovo molto frustrante e limitante.

D - Per i pittori che conosco, la divisione dogmatica tra astrazione e figurazione non è più rilevante, perché forse entrambi gli schieramenti si trovano ad affrontare molti degli stessi problemi. Forse un giorno la gente non farà più la distinzione tra pittura figurativa e pittura astratta.

CB - Non faccio distinzione. Un dipinto termina come è finito. È una mix di volontà, coscienza e autocoscienza. Sei il genere di pittore che vuoi essere; non puoi evitarlo più di quanto puoi fare con il suono della tua stessa voce.

D - Credo che i pittori identifichino alcune cose che li assillano, a partire dalla precedente.generazione...

CB - E più si crea la propria storia, più si dipinge, più c'è ci sono questioni da risolvere, perché si deve fare i conti anche con quello che si è fatto l'ultima volta.

D - Giusto, e poi forse stai lavorando nello stile del 21° secolo, e all'improvviso pensi a un artista del 17° secolo a cui non hai mai prestato molta attenzione o che non ti piaceva e poi osservato dal vivo e inaspettatamente vedi una nuova dimensione aprirsi.

CB - I pittori che ami, quelli grandi, quelli morti, di solito, sono come amanti. Diventi così intimo con loro, ed è emozionante e diverso con ognuno di loro. Ma poi noti che passi tutto questo tempo in un cimitero e alla fine ne devi uscire. La pittura è sempre stata morta, ma, nella stessa misura, così viva. E' la non vita.

Cecily BrownCecily Brown, The aspiring subordinate, 2023 signed, dated verso oil on linen


D - Parte del problema di essere un pittore è il vicolo cieco con cui hai a che fare?

CB - Certo, perché si deve andare avanti, non si ha scelta.
Ho sempre pensato che ci fosse del narcisismo nel pensare che nella nostra epoca non si possano più fare quadri. Forse la pittura è morta, ma i quadri devono ancora essere fatti. Non siamo la prima generazione a sentirsi post-arte.
C'è da chiedersi che cosa pensassero del loro tempo tutti quei pittori del XIX secolo che dipingevano scene dell'antichità! Foucault ne parla diffusamente ne L'ordine del discorso: questo tempo proiettato della compiutezza che è sempre passato o futuro.

D - Come ti sentiresti se fossi definita post-moderna?

CB - Penso che uno degli aspetti positivi del lavoro di oggi sia che vi è una maggiore tolleranza per la diversità degli approcci. In realtà stavo leggendo di Mondrian e De Stijl e delle loro regole: niente diagonali! Quando van Doesburg mette in diagonale, Mondrian lo taglia fuori. So che cose simili sono successe con i surrealisti. Doveva essere davvero meraviglioso quando tutto era così mortalmente serio.

D - Forse non è un modo rispettabile di procedere. Certamente mette in discussione l'idea di autorialità, ma non è l'unico modo che conosco per dipingere.

CB - Mentre si dipinge si fa quasi una gara contro se stessi. Lo stato più desiderabile per me è quando si ha la sensazione di cercare di stare al passo con se stessi. Tutto è intuitivo o istintivo: sai esattamente quale colore scegliere.

D - Sì, quanto di più pratico e logico, ma mi piace la nozione di istinto più che di intuizione perché hai a che fare con una sorta di impulsività: conoscenza arcaica e primitiva.

CB - Posso immaginare che sia così quando uno scrittore è nel flusso del linguaggio; non c'è bisogno di cercare una parola. Tutto il tempo trascorso a fissare, ad arrovellarsi, a chiedersi cosa fare dopo... serve a prepararsi per quando si dipinge davvero. Ho ogni sorta di tecnica per iniziare, come pulire un angolo della tavolozza o mettere un solo colore. Può essere d'aiuto abbassare le aspettative, non pensare che questo sarà un buon dipinto. Ma piuttosto di arrivarvi in modo graduale.

D - Niente di tutto questo è davvero originale. È tutto appreso. Ma, in un certo senso, è naturale. La sostanza stessa della pittura è una sorta di cosa astratta e informe, ma anche fisica e biologica. È molto elementare.

CB - Sì, si diventa sempre più competenti e preparati a muovere la materia, quindi non è come essere un neonato che imbratta con la merda, nonostante quello che pensano alcuni. Anche quando si è al massimo dell'incoscienza o dell'istinto. Ecco perché la pittura diventa più eccitante quanto più a lungo la si fa: è uno stendere la merda con cognizione di causa. (risate)

D - Sì, ma forse i pittori fanno le cose diversamente. Come il modo preciso in cui i tuoi dipinti sono veramente figurativi ma affrontano questioni che appartengono più propriamente al dominio dell'astrazione: certi modi di usare la pittura, creare forme, il modo in cui l'immagine si disperde e si ricongela, la qualità respiratoria delle tue forme e come sembrano espandersi e contrarsi, il modo in cui avviene il movimento. Penso che stia succedendo qualcosa di nuovo lì.

CB - Mi piace pensarlo, perché vuoi sentire che quello che stai facendo potrebbe essere fatto solo adesso. Sarebbe deprimente pensare che avresti potuto realizzarlo in qualsiasi momento, negli ultimi 50 o 70 anni. Ma allo stesso tempo, la pittura non si muove su una scala temporale più lenta rispetto ad altre arti? Ci stiamo destreggiandoci tra gli stessi problemi di Manet?

D - Credo che ogni pittore debba partire dall'inizio.

CB - Così evita di essere solo egoista?

D - Oppure autoreferenziale... conosci la risposta? ( risata )

CB - No, anche se penso che la pittura sia l'arte meno elitaria. Mi irrita ancora quando la pittura viene accusata di essere parte di un capitalismo malvagio quando tutto il resto è altrettanto costoso in questi tempi.

Cecily BrownCecily Brown, Museo del Novecento, Firenze. Foto @ D'Incardi


 

Cecily Brown
Temptations, Torments, Trials and Tribulations
a cura di Sergio Risaliti
Site Museo Novecento Firenze 30.09. 2023 – 4.02.2024
@ 2024 Artext

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