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La Biennale di Venezia 2025
Carlo Ratti
Intelligens

 
Intelligens Naturale. Artificiale. CollettivaThe Third Paradise Perspective Photo by Marco Zorzanello, Courtesy La Biennale di Venezia 2025.


La Biennale di Venezia
19. Mostra Internazionale di Architettura
Intelligens Naturale Artificiale Collettiva
Dichiarazione di Carlo Ratti

Introduzione

L’architettura rappresenta da sempre una risposta alle ostilità del clima. Fin dalle “capanne primitive”, la progettazione umana è stata guidata dalle necessità di ripararci per sopravvivere: le nostre creazioni hanno cercato di colmare il divario tra la severità delle condizioni ambientali e quegli spazi sicuri e vivibili di cui abbiamo bisogno.

Con un clima sempre meno clemente, questa dinamica raggiunge oggi un livello molto più elevato. Con gli incendi di Los Angeles, le alluvioni di Valencia e Sherpur, la siccità in Sicilia, abbiamo assistito in prima persona a come acqua e fuoco ci stiano attaccando con una ferocia senza precedenti. Il 2024 ha segnato un momento critico: la Terra ha registrato le temperature più calde di sempre, spingendo le medie globali ben oltre il limite di +1,5°C fissato dagli Accordi di Parigi del 2016. In soli due anni, il cambiamento climatico ha impresso un’accelerazione che sfida anche i modelli scientifici più validi.

Quando i sistemi su cui abbiamo a lungo basato la nostra comprensione cominciano a fallire, sono necessarie nuove forme di pensiero. Per decenni, l’architettura ha risposto alla crisi climatica con la mitigazione: progettare per ridurre il nostro impatto sul clima. Ma questo approccio non è più sufficiente. È il momento che l’architettura abbracci il campo dell’adattamento: ripensare il modo in cui progettiamo in vista di un mondo profondamente mutato.

L'adattamento richiede un cambiamento radicale della nostra pratica. La Mostra di quest’anno, Intelligens. Natural. Artificial. Collective., invita diversi tipi di intelligenza a lavorare insieme per ripensare l’ambiente costruito. Il titolo stesso della Mostra, Intelligens, contiene la parola latina gens (“gente”) e ci invita a sperimentare oltre i limiti di un focus limitato all’Intelligenza Artificiale e alle tecnologie digitali.

Nell’età dell’adattamento, l’architettura rappresenta un nodo centrale che deve guidare il processo con ottimismo. Nell’età dell’adattamento, l’architettura deve attingere a tutte le forme di intelligenza: naturale, artificiale, collettiva. Nell’età dell’adattamento, l’architettura deve rivolgersi a più generazioni e a più discipline, dalle scienze esatte alle arti. Nell’età dell’adattamento, l’architettura deve ripensare il concetto di autorialità e diventare più inclusiva, imparando dalle scienze.

Intelligens Naturale. Artificiale. CollettivaThe Other Side of the Hill Photo by Marco Zorzanello, Courtesy La Biennale di Venezia 2025

Curatela

L’architettura deve diventare flessibile e dinamica, proprio come il mondo per cui sta progettando.

A) Intelligens funge da laboratorio dinamico e riunisce esperti nelle varie forme di intelligenza. Per la prima volta, la Mostra presenta oltre 750 partecipanti: architetti e ingegneri, matematici e scienziati del clima, filosofi e artisti, cuochi e programmatori, scrittori e intagliatori, agricoltori e stilisti, e molti altri. L’adattamento richiede inclusività e collaborazione.

B) Una curatela di scala così ampia ha richiesto un sostanziale cambio di approccio/mentalità. Il processo di selezione è stato aperto e dal basso, guidato da un team curatoriale interdisciplinare. Lo Space for Ideas, la nostra call per presentare progetti dal 7 maggio al 21 giugno 2024, ha prodotto una risposta globale importante. L’ondata di candidature si è rivelata entusiasmante e schiacciante allo stesso tempo, ma ci ha permesso di scoprire voci inedite e inascoltate che altrimenti sarebbero potute passare inosservate.

C) Il gruppo di partecipanti che ne è scaturito abbraccia diverse generazioni: da professionisti esperti che a novant’anni continuano a innovare a neolaureati che hanno appena intrapreso la propria carriera. Vincitori del Premio Pritzker, ex Curatori della Biennale di Venezia, premi Nobel, Professori Emeriti compaiono accanto ad architetti e ricercatori emergenti. Questo processo di inclusione riflette il nostro impegno verso un’ampia gamma di diverse prospettive.

D) Una tale ricchezza di contributi richiede un nuovo approccio autoriale. Intelligens mette in discussione la tradizione dell’architetto come unico creatore, con gli altri professionisti relegati a ruoli di supporto. Proponiamo quindi un modello di autorialità più inclusivo, ispirato alla ricerca scientifica. Nell’età dell’adattamento, tutte le voci che guidano la progettazione devono essere riconosciute e accreditate.

E) Nell’età dell’adattamento, La Biennale di Venezia deve collaborare con altre istituzioni. Intelligens ha stretto connessioni con la COP30 delle Nazioni Unite a Belem, con la C40, con la Baukultur Alliance di Davos, con il Soft Power Club e molti altri. Il suo programma pubblico, GENS, ospiterà una serie di incontri e conversazioni, coinvolgendo audience di ogni portata.

Intelligens Naturale. Artificiale. CollettivaLa Biennale di Venezia, Photo by Andrea Avezzù, Courtesy La Biennale di Venezia 2025


Corderie

Il lavoro di centinaia di partecipanti non può qui essere esaminato nella sua totalità, ma ecco un’anteprima.

Le Corderie si aprono con un dato crudo: mentre le temperature globali aumentano, la popolazione mondiale inizierà a diminuire. È questa la realtà che gli architetti devono affrontare nell’età dell’adattamento. Partendo da qui, i visitatori attraverseranno tre mondi tematici: Natural Intelligence, Artificial Intelligence e Collective Intelligence. La mostra culmina quindi nella sezione Out con una domanda: possiamo guardare allo spazio come una soluzione alle crisi che affrontiamo sulla Terra? La nostra risposta è no: l’esplorazione dello spazio non è una via di fuga, ma un mezzo per migliorare la vita qui, nell’unica casa che conosciamo.

Ogni sezione è concepita come uno spazio modulare e frattale, un organismo che collega progetti su larga e piccola scala creando una rete di dialogo. Il progetto espositivo dello studio di architettura e design Sub, diretto da Niklas Bildstein Zaar e il design grafico di Bänziger Hug Kasper Florio rispecchiano l’interconnessione di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. Ulteriori strati digitali amplificano ed espandono le conversazioni, aggiungendo una nuova dimensione alla Mostra.

Le domande introduttive sono semplici ma urgenti. Come sarà il clima di domani? In che modo le popolazioni in movimento trasformeranno il mondo? Il primo progetto nasce dalla ricerca di Sonia Seneviratne e David Bresch, tra i principali scienziati del clima. Frutto della collaborazione con la Fondazione Cittadellarte Onlus dell’artista Michelangelo Pistoletto, con gli ingegneri climatici tedeschi Transsolar e con lo storico dell’ambiente Daniel A. Barber, il lavoro sfocia in inondazioni artificiali e vortici d’aria rovente.

The Other Side of the Hill scava più a fondo nel nostro futuro demografico globale, esplorando le comunità microbiche che bilanciano il consumo di risorse. Cosa succede quando la crescita della popolazione raggiunge un picco per poi crollare? Il progetto, guidato dal fisico Geoffrey West, dal biologo Roberto Kolter e dai teorici dell’architettura Beatriz Colomina e Mark Wigley, ci chiede di ripensare i principi fondamentali della vita sulla Terra. La designer Patricia Urquiola trasla tale visione nello spazio, fondendo matematica e design.

Nella sezione Natural Intelligence, il progetto Living Structure offre una risposta alla domanda su cosa significhi veramente costruire con la natura. Condotto da Kengo Kuma And Associates, da Sekisui House – Kuma Lab & Iwasawa Lab (entrambi dell’Università di Tokyo) e da Ejiri Structural Engineers, il progetto esplora come le tecniche di falegnameria giapponesi, fuse con l’intelligenza artificiale, possano trasformare il legno irregolare in materiale strutturale. Il futuro è legato tanto al rispetto per la natura quanto all’innovazione tecnologica.

In Matter Makes Sense, esploriamo il futuro delle costruzioni: biocalcestruzzo, fibra di banana, grafene e altro ancora. In questo progetto di archiviazione dei materiali, i professori Ingrid Paoletti e Stefano Capolongo, il premio Nobel Konstantin Novosëlov e la scenografa Margherita Palli Rota uniscono le forze per mostrarci come l’innovazione dei materiali possa cambiare le fondamenta stesse dell’architettura. Portando alla Biennale Architettura decine di esperimenti da tutto il mondo, ci mostrano una possibile strada per il futuro, ricostruita a livello molecolare ed ecologico.

Pur sognando nuovi materiali, dobbiamo fare i conti con i rifiuti di oggi. Il Manifesto di Economia Circolare della Biennale Architettura, sviluppato con la guida di Arup e il contributo di Ellen MacArthur Foundation, definisce obiettivi ambiziosi per la riduzione degli scarti e la promozione del riutilizzo dei materiali proprio nella stessa Biennale Architettura. Queste ambizioni saranno ulteriormente supportate da un manuale di ricerca prodotto tra Cina e Italia da Archi-Neering-Design/AND Office, Massimiliano Condotta e Valeria Tatano della Università IUAV di Venezia, Jin Arts, Pills, Róng Design Library e Typo-D.

Forse la Mostra 2025 non sarà perfetta, ma vuole dare il buon esempio. La maggior parte dei pannelli espositivi sono realizzati in legno riciclato che sarà poi triturato al termine della Biennale Architettura e trasformato in nuovi materiali. Progetti come Elephant Chapel di Boonserm Premthada, che utilizza sterco di elefante per creare mattoni, ridefiniscono ciò che è possibile trasformando i rifiuti della natura in una risorsa per l’edilizia.

Entrando nella sezione Artificial Intelligence, la Mostra estende il concetto di “artificiale” al di là dei modelli linguistici di grandi dimensioni. Robotica, ingegneria e scienza dei dati convergono per mostrarci come la tecnologia può influenzare il nostro ambiente costruito e i nostri sistemi sociali. Ricercatori di un gruppo di università internazionali – tra cui il professore Philip Yuan della Tongji University e Gramazio Kohler Research del Politecnico di Zurigo insieme a MESH e Studio Armin Linke – utilizzano robot antropomorfi di nuova generazione per esplorare il futuro dell’edilizia, sollevando questioni fondamentali sull’evoluzione del ruolo del lavoro umano.

Nel frattempo, in Ucraina, ricercatori come Kateryna Lopatiuk, Herman Mitish, Roman Puchko, Oleksandr Sirous e Orest Yaremchuk utilizzano la computer vision per mappare e ricostruire le città distrutte dalla guerra. È un inquietante promemoria del fatto che la tecnologia non è neutrale: può essere uno strumento positivo o di distruzione. Agli occhi di chi sogna la pace, diventa uno mezzo di ricostruzione.

La sezione Collective Intelligence sposta la nostra attenzione sulla costruzione e sull’apprendimento attraverso la saggezza collettiva. Dalle favelas di Rio ai campi profughi del Bangladesh, dalle cittadine cinesi ai vivaci mercati di Lagos, gli ecosistemi urbani offrono intuizioni profonde su come le economie materiali e le reti sociali procedano insieme. La ricerca di Tosin Oshinowo sui mercati informali mostra come proprio ai margini fiorisca un ingegno costruttivo collettivo.

Per raccogliere molte voci provenienti da ogni angolo del mondo, la sezione Collective presenta uno Speakers’ Corner, una piattaforma fisica progettata da Christopher Hawthorne, Johnston Marklee e Florencia Rodriguez. Il progetto si erge al di sopra della Mostra, fisicamente e metaforicamente, diventando un luogo per ospitare panel, workshop e discussioni.

Infine Out, la sezione conclusiva, aperta da Oxyville, una struttura sonora a 360° realizzata dal compositore Jean-Michel Jarre in collaborazione con Antoine Picon e Maria Grazia Mattei – Meet Digital Culture Center Milano. Una volta Fuori, cerchiamo ispirazione al di là del nostro fragile pianeta. Un progetto di Jeronimo Ezquerro, Charles Kim, Stephanie Rae Lloyd, Sam Sheffer, Emma Sheffer ed Emily Wissemann, ispirato alle tute spaziali degli astronauti, ripensa a come migliorare le tecniche di costruzione e isolamento degli edifici sulla Terra.

Martin Rees, Astronomer Royal d’Inghilterra, nel saggio scritto per il catalogo ci ricorda che l’esplorazione spaziale non può essere una salvezza. Anche le regioni più abitabili al di fuori della Terra sono mille volte più ostili degli ambienti più estremi del nostro pianeta. Invece di fuggire verso le stelle, dobbiamo concentrare la nostra intelligenza per adattarci qui, sulla Terra.

Intelligens Naturale. Artificiale. CollettivaLa Biennale di Venezia, Photo by Andrea Avezzù, Courtesy La Biennale di Venezia 2025

Venezia Laboratorio Vivente

Con il Padiglione Centrale in fase di ristrutturazione per tutto il 2025, Venezia non ospiterà solo la Biennale Architettura, ma diventerà un laboratorio vivente. La città stessa – una delle più esposte e vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici – farà da sfondo a un nuovo tipo di Mostra, in cui installazioni, prototipi ed esperimenti saranno sparsi tra i Giardini, l’Arsenale e altri quartieri.

Uno di questi progetti, progettato dalla Norman Foster Foundation, da Michael Mauer e Ragnar Schulte di Porsche, da Miguel Kreisler di Empty+Bau e da Christopher Hornzee-Jones di Aerotrope ripenserà il rapporto di Venezia con i propri canali, esplorando la mobilità acquatica sostenibile come modello per il futuro. Diller Scofidio + Renfro, Aaron Betsky, Natural Systems Utilities, SODAI e lo chef Davide Oldani renderanno le acque di Venezia un simbolo di trasformazione: depurando i canali per creare il miglior caffè espresso d’Italia, dimostreranno che le sfide ambientali possono essere integrate nel tessuto della vita quotidiana. In un altro progetto, Diane von Furstenberg esplorerà come Venezia possa trasformare la sua femminilità in resilienza.

Nel frattempo, ci confronteremo con l’eredità di Architecture without Architects di Bernard Rudofsky, un manifesto per la progettazione vernacolare e indigena. Le sue idee devono essere reimmaginate nel contesto dell’adattamento climatico. In progetti come il Manameh Pavillon (progettato da Rashid e Ahmed Bin Shabib, Alia Al Mur, Yusaku Imamura, Jonathan Shannon e Vladimir Yavachev con tecniche di raffreddamento tradizionali della regione del Golfo) e Terra Preta (una collaborazione tra Cacique Nixiwaka Yawanawa, André Corrêa do Lago, Marcelo Rosenbaum, Fernando Serapião e Guilherme Wisnik per rispondere alle esigenze abitative dell’Amazzonia), le conoscenze indigene si fonderanno con la ricerca scientifica per creare soluzioni edilizie sostenibili e di alto valore culturale.

La Biennale Architettura 2025 vuole essere più di una Mostra: è un esperimento di unione di voci e forme di intelligenza diverse. Alcune risuoneranno più forti di altre, altre potrebbero scontrarsi e produrre toni discordanti. Tuttavia, ci auguriamo che questo sforzo corale offra nuovi spunti di riflessione su una delle sfide più importanti del nostro tempo: l'adattamento a un mondo alterato.

Intelligens Naturale. Artificiale. CollettivaArchitecture as Trees, Trees as Architecture Photo by Marco Zorzanello, Courtesy La Biennale di Venezia 2025


Carlo Ratti
Interview

D : La mostra riunisce oltre 300 contributi da più di 750 partecipanti — architetti, artisti, chef, fotografi, programmatori, stilisti e molti altri. Cosa porta una selezione così interdisciplinare, per la prima volta alla Biennale di Venezia, alla conversazione sul futuro dell’architettura?

Carlo Ratti : È uno degli aspetti fondamentali, e penso che sia molto importante. In passato l’architettura guardava ad altre discipline — politica, arte, ecc. — ma in modo esterno. Ora è quasi il contrario: l’architettura si concentra sull’ambiente costruito perché, in tema di adattamento, è il meccanismo chiave per rispondere a un pianeta in cambiamento. Altre discipline arrivano a supportarla. Sai, Herbert Simon — premio Nobel del secolo scorso — ha scritto un bel libro, The Sciences of the Artificial, dove afferma che la scienza osserva com’è il mondo, mentre architettura e design riflettono su come potrebbe o dovrebbe essere. Quando metti insieme le due cose, combini la creatività dell’architettura con le leggi fisiche e i vincoli del pianeta. Così, le altre discipline possono sostenere il nostro adattamento.

D: Il tema individua tre direzioni dell’intelligenza: naturale, artificiale e collettiva, e imposta un percorso chiaro all’Arsenale. Eppure, camminando per la mostra, sembra piuttosto un intreccio di queste tre in ecosistemi di coesistenza. Era voluto? Cosa produce questo intreccio?

CR: Vista la densità del tema, era utile separarle per chiarezza. Ma tutte derivano da un’unica nozione di intelligenza. Prendi l’“artificiale”: spesso viene esplorata insieme alla “naturale”. Un progetto usa l’IA per comprendere meglio la natura. Oppure la “collettiva”: ci sono progetti che usano tecnologie per studiare le favelas. Quindi sì, c’è un grande intreccio, ed era voluto.

D: Come hanno risposto i padiglioni nazionali al tema?

CR: Sono molto soddisfatto del lavoro dei Padiglioni Nazionali, tutti e 66. Ogni anno portano contributi forti. Ma spesso manca un tema comune, e il risultato può sembrare disordinato. Il primo a tentare un filo conduttore fu Rem Koolhaas nel 2014. Ricordo che mi raccontò il suo approccio, e in parte ci riuscì. Quest’anno abbiamo provato qualcosa di simile, ma dal basso. Abbiamo dato un tema: “un luogo, una soluzione”. Poi abbiamo organizzato incontri con i partecipanti nazionali, dove i curatori hanno condiviso le loro idee. L’entusiasmo è cresciuto e molti si sono impegnati davvero. Volevamo innescare una “reazione a catena”.

D: Hai menzionato i “salons” organizzati quest’anno. Com’è andata? Hanno avuto l’effetto sperato?

CR: È stato un processo molto arricchente. I salons erano parte di quella reazione a catena. Aperitivi, cene, pranzi… A Dubai, un barbecue di mezzanotte nel deserto. A Zurigo, una colazione alle 7 del mattino. A Londra, un pranzo. Questi eventi avvenivano durante i miei viaggi — non li organizzavo appositamente — ma sono diventati momenti per incontrare comunità locali: scienziati, scrittori, sindaci e altri.

D: Sembra che il processo curatoriale sia stato davvero aperto e accessibile.

CR: Sì, ed è interessante: uno dei nostri team si è concentrato sul documentarlo. Un gruppo veramente interdisciplinare: Albena Yaneva, antropologa che ha scritto su OMA; Albert-László Barabási, fondatore della Network Science; Paolo Ciuccarelli, professore alla Northeastern University di Boston; e Michele Bonino del Politecnico di Torino, che ha coordinato e tradotto tutto nello spazio espositivo. Il risultato lo vedrai davanti al Padiglione Centrale ai Giardini. Abbiamo registrato tutto — migliaia di ore di Zoom. Tutti i dati sono stati analizzati da Albena per capire come il processo ha preso forma.

D: L’intelligenza artificiale è molto presente, sia nei progetti che nei testi brevi scritti da IA. L’esposizione sembra avere un approccio ottimista verso l’IA. Qual è la tua posizione?

CR: Abbiamo raccolto tutte le descrizioni dei progetti manualmente e poi ci siamo detti: facciamo un passo oltre. Abbiamo chiesto a ChatGPT di renderle più brevi e accessibili. Ma questa mostra non è sull’IA — è su molte forme di intelligenza: naturale, artificiale, collettiva. L’IA è solo una parte. Più in generale, l’architettura riguarda il futuro. Come diceva Karl Popper, il futuro è aperto — non predeterminato. L’architettura serve a plasmare quel futuro. E allora, come dice Popper, l’ottimismo è un dovere. Perché il futuro è nelle nostre mani.

D: Di recente hai sviluppato anche il centro SEA BEYOND con Prada e parteciperai alla prima Venice Climate Week. C’è un legame con la Biennale?

CR: Fanno parte della stessa reazione a catena. La Biennale è un nodo in una rete molto più grande. La collaborazione con Prada e l’UNESCO per l’Ocean Literacy Center è parte di questo. Ci saranno molte iniziative nei prossimi sei mesi. Per questo abbiamo chiamato la seconda parte del tema della Biennale “gens”, cioè “popolo”. Allestiremo uno Speaker’s Corner al centro per promuovere il dialogo. E per la prima volta, stiamo costruendo una rete locale a Venezia: associazioni, studenti, professori. Una vera integrazione locale, spesso discussa ma raramente realizzata.

DB: Hai citato spesso la “reazione a catena”. Cosa speri accada dopo la Biennale? Cosa sarebbe per te un successo?

CR: Che la reazione a catena continui. Questa è la speranza. Questo sarebbe il successo.

The Laboratory of the FutureGrounded Growth Photo by Marco Zorzanello, Courtesy La Biennale di Venezia 2025

 

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Carlo Ratti
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@ 2025 Artext

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