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Elisa Del Prete
Manuale della figura umana.
Secondo studio per l'allestimento di un impaginato.
azione teatrale di Marta Dell’Angelo e Fiorenza Menni

 


Questo lavoro non esisteva.
Manuale della figura umana è il titolo di un libro del 2007 e di un'installazione museale che Marta Dell'Angelo ha realizzato l'anno successivo, al Museion di Bolzano prima e alla Biennale di Tirana dopo. Ma questo lavoro, che mantiene in parte lo stesso titolo perché da quel libro ha origine, sviluppa quelle premesse in qualcosa di diverso, grazie alla messa in opera, alla messa in teatro dell'opera d'arte.
La seconda parte del titolo Allestimento di un impaginato ne è la traccia. Si tratta di un'opera che si anima grazie al teatro, di un'opera che sale sul palco, ma non per essere rappresentata.
Manuale della figura umana. Allestimento di un impaginato è un lavoro sul gesto, nell'arte e nel teatro, sul gesto rubato alla vita, sul gesto spiato, sul gesto eseguito.
Il lavoro nasce dalla pretesa di mostrare una qualità e una bellezza del fare umano che spesso evapora e si perde. Vuole offrire la possibilità di porsi nello sguardo e si propone dunque come una chiamata alla concentrazione e alla contemplazione.

Marta-DellAngelo Manuale della figura umana. Secondo studio per l’allestimento di un impaginato, foto di Luca Del Pia


Il Manuale è la raccolta dell'immaginario di riferimento di Marta Dell'Angelo. Non è solo un quadro, né solo un libro d'artista, è materiale proliferante radicato nel suo vissuto, che contiene, accanto al lavoro artistico sostanza esperienziale e biografica.
Di questo materiale Fiorenza Menni ha fatto una partitura. Ha assorbito il materiale vivo che risiede nel lavoro di Marta e lo ha ridisposto. La costruzione teatrale dell'opera si è nutrita ed è nata dalla possibilità di poter utilizzare quel che l'artista le ha messo a disposizione senza riserbo.
Il tempo ha scandito l'evolversi di un dialogo fatto di lunghi ascolti, tentativi, incomprensioni, equilibri e squilibri. Un dialogo prezioso, forse raro nel lavoro di entrambe, fragile ed esplosivo com'è l'azione scenica finale.
Così è stata chiamata: un'azione scenica, che è prima teatro, poi performance, riflessione intima e infine opera. Oltre un anno, non il tempo che ci è voluto ma il tempo che ci si è presi, per provare e provare a vedere, per liberare il teatro dalle regole del teatro e l'arte dalle regole dell'arte.
Quale ricchezza conclamata quella del connubio delle arti. Da tempo le discipline si sono attraversate.
Eppure rimane ancora forte oggi l'imbarazzo della consumazione di tale connubio.
Che posto occupa questa unione nell'agenda delle pubblicazioni? Un connubio che difenda i generi e ne coltivi i potenziali, che sia un privilegio di esperienza, un tempo ultimo di libertà. Questo lavoro è un discorso sulla possibilità di praticare percorsi che pestano i confini.
Le due pratiche artistiche sono diverse, diversissime. Il teatro ha tempi e spazi precisi. L'arte no. Nell'arte l'artista lavora da solo. Può commissionare l'esecuzione, relazionarsi ad altre figure, procedere per processi collaborativi, ma in fondo, l'esito, la soluzione è nelle sue mani. Il teatro no. Il teatro si serve di una squadra, altrimenti si ferma. Esiste un tempo di prova, in teatro, con attori in diverso modo diretti, e tecnici e spazi che vi aderiscono. Lo spazio di uno non può essere invaso dall'altro, non esiste uno spazio assoluto se non quello finale, che è di tutti e per questo è dinamico, suscettibile a varianti, mai fisso. Il teatro cambia continuamente, è vivo. L'arte no, l'arte è fissa. È lì, rimane, nel tempo, nei secoli, e la sua forza sta nel centrare nell'immagine tutto ciò che viene prima e ciò che potrebbe venire dopo.
Metterle insieme, queste due arti, non è uno scherzo. Spogliarle delle proprie certezze, delle proprie conquiste per metterle in gioco. Mettere in discussione ruoli, ritmi, coordinate e dimensioni, ma nel rispetto prima di tutto del lavoro. Questa è la sfida.
Cos'è se non una messa a nudo quella di Marta Dell'Angelo di fronte al suo lavoro, cos'è se non un inno al valore di un teatro che può mettere in scena qualcosa di vero quella di Fiorenza Menni?
Ognuna di fronte alla personale pretesa nei confronti del proprio lavoro. Una pretesa che si allarga al pubblico. Perché al pubblico si chiede questo, gli si offre e gli si chiede un rispetto per il proprio esserci, un re-incontro col proprio guardare, una fiducia che lo liberi dal consumo per porlo di fronte non a una finzione ma a uno sporgersi reale.
Siamo pronti a questo spazio?

Marta-DellAngelo Manuale della figura umana. Secondo studio per l’allestimento di un impaginato, foto di Luca Del Pia


Sebbene suoni fuori luogo forse è legittimo citare qui, nel teatro a cui diede vita, Leo De Berardinis, quando parlava della necessità di restituire al pubblico la condizione di essere e non di avere, e chiedersi se forse non siamo ancora lì su questa domanda o, peggio, se da allora non siamo tornati indietro. Che sia tempo di domandarsi come andare oltre? Che sia tempo di prendersi dei rischi, di interrogare le arti e i sistemi che le inglobano sulle visioni di cui sono portatori?

Elisa Del Prete

 

Manuale della figura umana.
Secondo studio per l'allestimento di un impaginato.
Bologna, gennaio 2016.
azione teatrale di Marta Dell’Angelo e Fiorenza Menni
a cura di Nosadella.due e Ateliersi
@ 2016 Artext

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