Giovanni Kronenberg Untitled, 2020 Blocco di agata, guscio di castagna, 41x20,3x14 cm. Foto: Cosimo Filippini.
Giovanni Kronenberg
Gabriele Landi Interview
Gabriele Landi: Ciao Giovanni che valore ha per te la parola meraviglia?
Giovanni Kronenberg: Una dimensione estatica, prossima ad
un’esperienza spirituale.
Gabriele Landi: Che rapporto hai con gli oggetti che usi nel tuo lavoro? A
vederli così sembra che per ognuno di loro ci sia una storia.
Giovanni Kronenberg: Dietro a ogni oggetto c’è una seduzione per le
forme, il materiale o per la Storia che porta con se. Questi oggetti vengono
individuati, raccolti e lasciati nel mio studio o in casa mia. Dopo un certo
periodo emerge in me la volontà di provare a lavorarli. Qualche volta il
risultato mi appare capace di trasformarne lo statuto, le qualità formali o
“l’aura” che manifesta e quindi lo espongo. Ci sono oggetti che ho raccolto
e che dopo anni sono ancora lì. Probabilmente non diventeranno mai
opere. O forse si. Non dipende da me ma da loro.
Gabriele Landi Gli interventi minimi che apporti agli oggetti nascono da
questo processo di decantazione e di convivenza ?
Giovanni Kronenberg: Certo, credo che più gli oggetti manifestino una
ricca polisemia, meno l’intervento dell’artista deve essere invasivo. Lavoro
con questo approccio da tanti anni ormai. È per questo che spesso i miei
interventi sono minimi o sovente effimeri, perché partono da oggetti che
dicono tante cose, spesso simultaneamente.
Gabriele Landi Spesso ho visto che usi dei minerali per le tue sculture che
cosa ti affascina di questi elementi?
Giovanni Kronenberg: Possiedono implicitamente tutte le dimensioni del
tempo. Le pietre e i minerali possiedono qualcosa di eterno, immutabile,
persistente. Un già perito continuamente presente, atemporale. Sono un’
elemento che rispecchia e in cui si ritrovano alcuni elementi cardine del
mio lavoro.
Giovanni Kronenberg – Senza titolo, 2022
dry leaf with golden leaf cm 23 x 15
Gabriele Landi Il disegno, spesso usato da molti artisti come un mezzo per
fermare un idea finalizzata poi alla realizzazione di altre opere con mezzi
diversi, sembra avere nel tuo lavoro una sua autonomia…
Giovanni Kronenberg: Il mio disegno è collegato alle mie sculture, qualche
volta deriva da forme e spazi che utilizzo negli oggetti di cui mi circondo.
Certo, il disegno mi permette di essere più libero. Cosa che accolgo con
piacere, in modo da non traslare letteralmente il sapore delle sculture
anche sul disegno, che mi parrebbe un movimento eccessivamente ovvio .
La vitalità del disegno è figlia della segretezza della scultura, non potrei
permettermi l’eccedenza della prima senza la rigorosità della seconda. Ma
entrambe nascono dalla stessa seduzione iniziale per forma, spazio e
materiali. Entrambe escono senza nessuna progettualità -non ho mai fatto
un disegno con uno schema preparatorio o simili-, arrivano come arrivano
e io non faccio altro che accoglierle.
Gabriele Landi E il colore?
Giovanni Kronenberg: Fa parte di questa esuberanza grafica di cui parlavo
nella risposta precedente.
Gabriele Landi Tornando alle tue sculture spesso non hanno una base ma
poggiano direttamente a terra come mai?
Giovanni Kronenberg: Perché credo che le opere d’arte siano degli oggetti
complessi e quindi necessitino di rispetto. Chi le guarda deve poterle
guardare da tutti i lati, angolazioni, altezze o distanze possibili. Un
basamento è un’intrusione e cerco quindi di lasciarlo fuori dal mio lavoro.
Gabriele Landi Nei tuoi allestimenti espositivi sembra esserci un filo rosso,
passami il termine narrativo, una specie di racconto sussurrato, che lega le
sculture con i disegni e a lo spazio che gli accoglie, e’ corretto?
Giovanni Kronenberg: Una parte fondamentale del mio lavoro è
l’installazione. Lo spazio e le sue incognite è parte attiva nella riuscita di
un ‘opera e mi piace dedicarci tempo. Ma, personalmente, non cerco
narrazione nelle mie mostre o nelle mie opere. Sono anzi convinto che le
opere d’arte più interessanti non prendano mai posizione, su niente o
nessuno. Accadono. Ognuno è libero di vederle come gli pare.
Giovanni Kronenberg L’antinomia di Capitan Blicero, 2016 Corna di alce, argento, 60x57x21 cm
Giovanni Kronenberg
Il lavoro di Giovanni Kronenberg (Milano, 1974) si compone prevalentemente di disegni e sculture: manufatti e reperti naturali insoliti o rari – rocce e pietre, minerali e cristalli preziosi, corna, ossa, pellicce, spugne marine e uova di struzzo – che l’artista definisce come “non consumati dagli sguardi.” Spesso oggetti di collezionismo, Kronenberg interviene su di essi con inserimenti e trasformazioni che mettono in dialogo tempi distanti e in nessun caso raggiungibili tra loro. Attraverso operazioni come la torsione, l’occlusione, la sostituzione, la sovrapposizione, ma anche, all’opposto, mediante interventi lievi e temporanei, l’artista crea oggetti inaspettati dall’aspetto eccentrico, magnetico e al tempo stesso perturbante. La costruzione di una “grammatica combinatoria” è l’operazione alla base del suo lavoro: un linguaggio che opera sulla lenta sedimentazione di qualità evocative che gli oggetti possiedono di per sé e sulla successiva alterazione di quelle stesse qualità attraverso forme di intrusione. Questo rapporto tra gli oggetti e la realtà, per lo più ambiguo e sfuggente, costituisce una chiave d’accesso anche ai disegni, in cui l’immagine, sospesa in una dimensione astratta, dà vita a uno spazio senza riferimenti che sembra tradurre la presenza della figura in una specie di epifania o apparizione.