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La Biennale di Venezia
Building Biospheres
Bas Smets e Stefano Mancuso

 
Building BiospheresBas Smets e Stefano Mancuso, Building Biospheres © Michiel De Cleene


Building Biospheres
Bas Smets e Stefano Mancuso
Architettura – La Biennale di Venezia

“Per un tempo fin troppo lungo il paesaggio ha fatto da sfondo all’architettura. Se vogliamo costruire un futuro realmente sostenibile, l’intelligenza della natura dovrà divenirne l’agente, dando forma al mondo in cui conviviamo. Dobbiamo progettare con la nostra biosfera, non contro di essa”.

Bas Smets e Stefano Mancuso curano la mostra "Building Biospheres" , un microclima controllato con oltre 400 piante che dimostrano la loro intelligenza come esseri viventi. Esposto al padiglione belga della Biennale di Architettura di Venezia 2025 , il clima artificiale analizza gli effetti dell'intelligenza vegetale e delle biosfere su edifici sia recenti che storici.

Il padiglione belga come laboratorio
Il più antico tra quelli nazionali nei Giardini (1907), il padiglione belga è formato da un ampio spazio centrale con sale adiacenti. Composta da oltre 200 piante, l’installazione occupa l’area centrale sotto il lucernario. Le sale anteriori offrono il contesto storico del progetto. La sala dietro il padiglione fornisce la visualizzazione dei dati in tempo reale sulla prestazione del prototipo. Nelle due sale adiacenti una nuova generazione di architetti belgi ricerca il significato che l’intelligenza della natura può avere per l’architettura.

“Il prototipo di Venezia ci consente di verificare se le piante siano in grado di creare e controllare attivamente il clima interno di un edificio. Ci fa sognare l’architettura come un microclima, in cui piante ed esseri umani possano coesistere”.

Building BiospheresBas Smets e Stefano Mancuso, Building Biospheres © Michiel De Cleene


Costruire biosfere con microclimi – di Bas Smets

D : Come definisci l’intelligenza vegetale e la sua relazione con l’architettura? È un tema nuovo o in riscoperta?

Bas Smets: Gli esseri umani sono animali. Pensiamo come animali. Comprendere il funzionamento delle piante è difficile. Da dieci anni, insieme al neurobiologo Stefano Mancuso, cerco di comprendere più a fondo l’intelligenza vegetale e di inserirla nei miei progetti. L’ho fatto, per esempio, nel progetto ad Arles con la Fondazione LUMA, e anche a Parigi, in un’estensione della Défense. Qui facciamo un passo in più: portiamo le piante dentro l’edificio e leggiamo l’edificio come un microclima.

Abbiamo fatto studi climatici per capire che tipo di clima si crea sotto i lucernari. Si crea un clima da sottobosco subtropicale. Il tetto simula la chioma degli alberi. La temperatura è di circa 20°C. Abbiamo portato oltre 400 piante subtropicali nel padiglione. Misuriamo ciò di cui le piante hanno bisogno: abbiamo sensori di flusso linfatico. E con queste informazioni, sono le piante stesse a far piovere, a far accendere la luce, ad attivare la ventilazione. È un sistema autonomo dove le piante producono il microclima interno.

Building BiospheresBas Smets e Stefano Mancuso, Building Biospheres © Michiel De Cleene


D: Ci sono effetti collaterali nella creazione di un clima artificiale?

BS: L’unica difficoltà è che l’umidità aumenta e i muri tradizionali non la tollerano bene. Per questo abbiamo lavorato con architetti per pensare a come potrebbe cambiare l’architettura in una nuova relazione con le piante. Non dobbiamo più pensare all’edificio come un ambiente a clima uniforme. Oggi con i termostati si imposta 21 gradi ovunque. Ma magari vuoi più caldo in soggiorno, più umidità in bagno. Dovremmo pensare all’edificio come a microclimi differenti, che le piante possono contribuire a generare.

D : In che modo l’architettura può evolvere verso biosfere dinamiche? È applicabile anche agli edifici storici?

BS: L’architettura è sempre stata legata alla sopravvivenza. Ci proteggeva dalla pioggia, dal vento, dalla neve. Oggi, con la crisi climatica, l’architettura deve tornare ad essere uno strumento di sopravvivenza anche per piante e animali. Questa nuova simbiosi tra piante e edifici può generare un nuovo modo di intendere l’architettura. Questo vale sia per edifici nuovi sia per edifici esistenti.
Nel riuso adattivo, oggi molto importante, possiamo integrare queste idee. Per esempio, in una delle sale del padiglione ci sono due studi: uno riguarda un ufficio che produce la propria aria, creando un parco interno per i residenti.

D : È facile replicare edifici a clima controllato? Abbiamo oggi le risorse per farlo?

BS: Al momento no. Questo è un prototipo. Lo abbiamo testato per sei mesi a Gand e ora lo testiamo per sei mesi a Venezia. Dopo 12 mesi faremo un report per capire come adattarlo, come applicarlo ad edifici nuovi o esistenti. Stiamo ancora cercando il giusto equilibrio tra intelligenza naturale delle piante, intelligenza artificiale del software e una intelligenza collettiva che coinvolge l’Università di Gand e altri scienziati.

D : Quali tecnologie sperimentali state utilizzando per comprendere l’intelligenza e la vita delle piante?

BS: Se osservi questo albero, vedi che per capire cosa pensa e cosa fa, serve molta tecnologia. Sono sicuro che questa scatoletta (indica il dispositivo che monitora la salute della pianta) tra cinque o dieci anni sarà un semplice sensore, e l’albero emetterà direttamente le informazioni.
Ci stiamo spostando da un approccio meccanico a uno molto più sofisticato
Il mio sogno si chiama Urban Tree Network: ogni albero della città diventa il sensore più sensibile. Se li connettessimo tutti, potremmo sapere in tempo reale cosa accade in città: qualità dell’aria, traffico, vibrazioni, rami rotti. “Penso che, nel momento in cui possiamo connetterci alla logica delle piante, possiamo davvero sviluppare un modo di pensare alla città molto più rapido, intelligente e sensibile.”

Building BiospheresBas Smets e Stefano Mancuso, Building Biospheres © Michiel De Cleene


 


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