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Stefano Questioli
Arte pubblica vs arte abusiva
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"Sopralluoghi"
Indagine nel Contemporaneo

 

 

Stefano Questioli
La prima questione che mi viene in mente e mi preme riferire, osservando l'universo dei segni che popola il nostro quotidiano, è che siano costantemente bombardarti da graffiti e tag qualsiasi città ci troviamo ad attraversare. E la cosa singolare è che queste sono firme (Tag) che significano un individuo. In teoria dovrebbero rappresentare una identità, ma già da trenta anni Baudrillard ha spiegato di che si tratta.
Baudrillard ha detto che in questa situazione, in questo contesto, l'artista è già nascosto dietro la sua opera, non fa commercio del suo nome, poiché usa il suo pseudonimo e trasforma questa sorta di indeterminazione in principio di sterminazione. Una guerriglia semiotica contro lo stato telemediatico che ha trasformato la città contemporanea in un immenso ghetto di funzioni.

Per tornare al tema Arte Pubblica / Arte Abusiva - si può definire lo statuto di quello che dirò attraverso una serie di antinomie. La prima di queste considerazioni tenta di differenziare l’ Arte Pubblica da quella che è l' Arte Privata (prima antinomia): l' Arte Pubblica è rivolta ad una fruizione collettiva, mentre l'Arte Privata ad una fruizione soggettiva. Un' altra caratteristica: come l'Arte Pubblica è sí mercificabile, ma non vendibile.

Che cosa differenzia l' Arte Abusiva (seconda antinomia) dall'Arte Pubblica?
Io credo che l'elemento di fondo che sostanzi questa opposizione è che l' Arte Pubblica è una arte mediata, in un certo senso condizionata, - per portare l'Arte al popolo, mentre l' Arte Abusiva è una arte che nasce direttamente dalla intenzionalità dell'artista.
Continuando con la terza ed ultima antitesi che differenza esiste fra l' Arte Abusiva e l' Arte in quanto tale?
In primo luogo è l'Abusivismo artistico è praticato nell'incuranza delle leggi, nel non rispetto della proprietà privata, ma è soprattutto praticato nell'incuranza delle leggi del contesto artistico.
In più l' Arte Abusiva si esercita in quei luoghi della quotidianeità che di solito non collimano con i luoghi deputati dell’ Arte contemporanea di oggi: la ricerca della massima visibilità la spinge ad abitare i contesti che non le sarebbero propri.
E' anch'essa mercificabile, ma per costituzione è invendibile.

Esiste certo un mercato che sostiene e legittima la prosecuzione di questo tipo di Arte, ma è un mercato diverso, traslato. Comunque finché di arte abusiva vogliamo parlare dobbiamo associarla ad un concetto di invendibilità.
Dunque ciò che le accomuna è la fruizione collettiva e un rapporto decontestualizzato con il pubblico.
Tra l'altro mi preme dire che questo può essere considerato il secondo capitolo della storia del Graffitismo, una storia questa ormai lunga e segmentata con più di mezzo secolo di vita.

Oggi ci sono altre personalità che meritano attenzione, perché proprio attraverso alcuni loro interventi gratuiti ed assolutamente imprevisti si è giunti ad una discreta consapevolezza ed ad una profonda riflessione sul significato soprattutto dell'immagine nella società contemporanea. Un approfondimento semiotico deve assolutamente esser preso in considerazione.
Porterò alcune testimonianze per ricreare quelli che sono gli infiniti modi che questa arte ha di esprimersi e per sintetizzare: la forma grafia della Tag - il classico writing nella sua evoluzione detto Masterpiece (una sorta di riempimento figurativo).
Ci sono poi un'altra serie di media: stencil - decoupages - sculture ed installazioni abusive che troviamo per le strade, interventi fotografici, pitture murali fino ad esempi di 'cultural jamming'.

 

In un video sui 'graffitisti' di San Paolo, (Brasile) - sono mostrati alcuni artisti che ha elaborato un personalissimo stile chiamato -pixasao- La loro particolarità è che sono degli acrobati che hanno inventato un codice assolutamente autoreferenziale, quasi impossibile da decriptare, un sistema di geroglifici che si propone in tutta la sua dirompente carica ribelle e sterminatrice, riprodotto su larga scala sulle facciate degli edifici.
Esempi come questi (delle intenzionalità di alcuni artisti che decidono di auto-promuoversi e di occupare uno spazio della collettività e di imporsi all'attenzione del fruitore, sia esso interessato o inorridito) fanno delle grandi metropoli i luoghi di esaltazione della loro estetica.
Tutto quello che sta accadendo appartiene al solco inaugurato dalla cultura del Writing.

E' ormai da una decina di anni che l'artista ha capito che le modalità espressive sono infinite - E' sufficiente una stampante e della colla e trovare nella città uno spazio aperto alla propria personalissima esposizione.

Esattamente così come accade nelle banlieux francesi con J-R (fotografo 'abusivo' parigino) che realizza installazioni anche di notevoli dimensioni, legate alle zone di marginalizzate della società francese. Esempi comunque comuni e contigui alla cultura femminista che ha dato il là a questa pratica della cosiddetta alterazione del "branding".

Le intenzioni e le istanze che motivano le pratiche degli artisti abusivi al di là di una certa ricercatezza figurativa, filtrano una profonda consapevolezza della funzione del "brand" (il marchio) come se l'artista avesse compreso che il proprio senso nella società e nel mondo deriva dalla capacità di imporsi in maniera più invasiva possibile, sfruttando quella immediatezza e genuinità che i meccanismi di persuasione o di seduzione, che le pubblicità attuano da decenni.
Infatti come nel -branding- che è quel meccanismo che i pubblicitari sfruttano per diffondere qualsiasi marchio, così l'artista abusivo cerca di diffondere niente altro che la propria personalità, e la propria identità, nascosta dietro un pseudonimo o un logo. Semplicemente la propria arte
– niente di più.

 

Un' altra istanza di questa indagine che sto portando avanti da qualche anno è la capacità che questo tipo di arte ha avuto nella reinvenzione di uno spazio.
Sempre Boudrillard diceva che questi artisti sono riusciti ad esportare il ghetto. Così come questi artisti abusivi che con i loro interventi riescono a trasformare lo spazio in territorio e spostare l'interesse su quello che il nostro occhio, ormai offuscato da questo continuo bombardamento visivo, non è più in grado di vedere.
Un artista interessantissimo è il Londinese Banksy, che è riuscito a dare una tridimensionalità vandalica alle sue opere, come in certi interventi che implicano un ripensamento dello spazio e del paesaggio.
Oltre il ripensamento dello spazio intervengono una serie di retoriche assolutamente aggiornate che sono il sostrato del linguaggio mass mediologico.
Tutto ciò che si può vedere su questo tema è possibile grazie all'esistenza di questo archivio tutt’ altro che virtuale, un archivio reale e concreto che è nato in seno ad Internet.
Come sosteneva Marco Scotini in Going Public, la cosa straordinaria in alcuni di questi interventi è la possibilità di far intravedere il ritorno dell'aura - Possibile solo di fronte all'effimero, di fronte ad opere che vivono lo spazio di poche ore. Come ci si trovasse di fronte ad un prodigio.

La cosa che rimane sempre presente in quasi tutte le esperienze è la radicalità del messaggio, come il caso di un intervento di un collettivo inglese che si chiama Easteric che durante una notte ha pensato bene di deturpare un monumento (imbrattando di rosa il un carro armato che celebrava la guerra).
In questa come in altre situazioni è l'istanza politica che prevale sulla ricerca formale.
Ma ciò che può essere interessante è che questo bisogno di scontro può essere attuato anche attraverso una ricerca per così dire a se stante, puramente formale, come fa un interessantissimo artista spagnolo, El Tono, esattamente come i primi pionieri Newyorkesi che hanno incominciato con le proprie Tag a dare il là a questo moto di ribellione attraverso l'immagine.
In effetti anche in Italia ci sono due ricerche, una contestualizzabile nel sistema della ricerca visiva contempoeanea, tra l'altro con una vita nelle gallerie - e la ricerca più 'anarcoide' che si muove liberamente nella città.

 

Tutta questa mia indagine cerca semplicemente di mettere in relazione una decina di personalità che (in questo momento storico in cui la situazione mondiale è particolarmente chiara - con paesi che si stanno arrichendo a dismisura e altri che rimangono marginalizzati come l'Italia e così a ruota il contesto artistico sembra seguire questo movimento) hanno ribaltato la geografia del sistema dell'arte senza localizzarlo, diffondendolo con le stesse pratiche in auge nella rete. Londra, San Paolo, Madrid, Bologna, Parigi, Berlino Helsinki a loro volta possono diventare gli snodi di un flusso planetario.
L'ironia per esempio con cui Banksy (svincolata dai bisogni e dal contesto artistico), a me pare sorprendentemente simile a quella di un artista celebrato, Maurizio Cattelan.

Nella spinta provocatoria questi artisti non si limitano mai esclusivamente ad agire in un contesto urbano - sono artisti poliedrici, vanno dal video a qualsiasi tipo di intervento. (Ramirez Alejandro)
Queste sono operazioni che a volte mostrano una consapevolezza del proprio valore semantico, sebbene il più delle volte debbano essere realizzate a grande velocità (per evitare problemi con le autorità).
Ripeto - queste opere non sono mai firmate, la firma diventa la rinconoscibilità dell'opera stessa.
A volte gli artisti lavorano in coppia o in collettivi per l’urgenza di dipingere e di comunicare.

 

Ci sono poi le testimonianze di come l'artista che opera normalmente in contesti illegali riesca a portare la propria esperienza e la propria operatività in contesti ufficiali e riconosciuti.
Ma questa è Arte Pubblica, non è più Arte Abusiva - anche se le istanze, l'etica e lo stile non cambiano.
Per concludere in maniera problematica questo insieme di esperienze che riguardano buona parte del pianeta, dal Costa Rica a all'Italia: quali sono le problematiche che possono nascere con questo tipo di espressione?
Io li ho sintetizzati in diversi momenti - quello che più è evidente, è il vandalismo, poi il narcisismo, ed infine il loro prodotto: il solipsismo.
Nel momento in cui il writting è semplicemente la ripetizione ossessiva del proprio pseudonimo, nel momento in cui vediamo gli interventi del londinese Banksy, oppure come chi non fa che ammettere che lui è il migliore l'artista (I Am The Best Artist), ecco secondo me la critica che potrebbe esser attuata è proprio questa, quella di essere completamente autoreferenziali e slegati dal contesto in cui invece vorrebbero agire ed intervenire.

Concludo con questo ultimo problema - Banksy con una buona dose di consapevolezza ha testimoniato che questo tipo di guerra che l'artista ha intrapreso nei confronti di una società che lo ha spersonalizzato, nei confronti di uno spazio che si è deterritorializzato - è diventata esclusivamente una questione visiva e che in nulla possa incidere nella nostra società. (this revolution is for display)
Oppure, come è il caso degli infiniti problemi che ci sono al momento in cui si decide di coinvolgere questi artisti in esposizioni indoor.
Comunque io tranquillamemente potrei decidere di essere Banksy, fare un tesoro della sua ricerca - e riprodurla come se avessi applicato il nuovo concetto di copyleft, in giro per altre città del mondo!

 

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