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  Se la memoria mi dice il vero, 2001 Certosa diCalci, Cappella del Rosario  
PANTANI SURACE  
Note di Lavoro  
 
   
 

Se la memoria mi dice il vero
a cura di Ilaria Mariotti
Certosa Monumentale di Calci - Pisa
28 settembre-6 ottobre 2001


All’invito di pensare un progetto da realizzare nei fastosi ed impegnativi spazi della Certosa di Calci a Pisa, la prima reazione è stata d’eccitazione la seconda di sgomento, oltre tutto non eravamo stati i primi a spaventarci, ma siamo stati i soli ad accogliere la sfida, forse per incoscienza ma soprattutto, credo per quell’abitudine di innamorarci dei luoghi che ci appartiene.
Un po’ come quando riempio immediatamente gli armadi degli alberghi con le cose della valigia…non un’appropriazione violenta ma un qualcosa che s’inserisce accordandosi, niente di destabilizzante, nessun frastuono, il rumore di piccoli cammei.
E quando nove anni fa ho chiamato il nostro “naso”, il nostro compagno dell’incredibile viaggio per il “23 giugno 1764 “perché avevo addentato un panino, con dentro la lattuga, spiegandogli che mi ricordava un aroma che avevo sentito nelle prove in studio mi disse: benvenuto nel mondo degli aromi.
Ti ricordi quanto tempo c’ è voluto, per materializzare quell’attimo di vita passata e per avere questo ricordo è bastato un morso di panino con la lattuga…

 


 

Volevamo far rivivere un momento conviviale una cena, la cena del 23 giugno 1764 con il Gran Duca di Toscana ed i monaci di clausura nel refettorio della Certosa attraverso gli odori.
Abbiamo studiato i libri mastri, consultato uno storico dell’alimentazione, una serrata ricerca che ci ha portato a chiamare una delle più importanti ditte di produzione d’aromi naturali, abbiamo parlato con un segretario, o almeno credo che fosse tale che dimostrava la sua poca felicità nell’essere stato contattato, ci ha passato colui che per un anno è stato nostro fondamentale collaboratore, convinto da due rompipalle e da li appuntamenti a non finire, incontri nel buio della notte come losche organizzazioni.
Lo studio era diventato il luogo delle prove, niente è stato fisicamente realizzato in quel periodo, perché anche l’odore della polvere poteva far fallire il tutto.
Ospitava soltanto due grossi freezer a pozzetto, che servivano per la realizzazione dei cristalli di ghiaccio del lampadario, all’interno dei quali, ogni due ore immergevamo la nostra testa.
Andavamo una volta al mese per un intero anno a provare a diffondere nel Refettorio della Certosa i risultati di sintesi delle portate. Non dovevamo lasciare tracce, perché quando lavori con le soprintendenze non devi lasciare nessuna traccia neanche un odore….per questo sono scappati prima gli altri artisti…..

Ricordi l’ultima volta usando i visitatori come cavie a loro insaputa, nascosti fra di loro, sentimmo i loro commenti. La visitatrice tedesca era convinta che ancora i monaci che mancano li da più di un secolo, continuassero a cucinare.
E la signora con il tajer verde, molto più informata e sicura di se, pensava che gli affreschi, alla faccia della soprintendente, si fossero impregnati dell’odore del cibo. Sicuramente l’effetto fu anche sinestetico, gli affreschi raffiguravano forse una cena simile alla nostra ma noi… cantammo vittoria…

“Hop” il lavoro nella foresteria gran ducale, non far finta di non ricordare, si che ha lasciato qualche traccia, le strisciate delle scarpe dei ballerini sul cotto intonso, ormai è il momento di dichiararlo e smettere di dare la colpa ai festini del Gran Duca.
Abbiamo voluto portare, anche nella parte più mondana, il silenzio dei passi dei monaci di clausura, facendoli ballare senza musica per due ore di fila.
Si è vero il rumore delle piccole cose… il progetto concepito dividendo gli spazi per valenze di vita vissuta perciò il refettorio inteso per quel che era stato, luogo d’aggregazione conviviale, le foresteria come spazio legato all’esterno, laico e l’ultimo la Cappella del Rosario luogo di forte pregnanza mistica. Li l’ubicazione di “se la memoria mi dice il vero”, l’unico lavoro amico infedele della mostra.
Il Lampadario di ghiaccio che lentamente dissolve la sua forma materiale come l’intento ascetico di cancellazione del corpo per l’elevazione dell’anima a dio, così tanto mistico questo lavoro che ci ha portato come nelle processioni antiche a fare un costante via vai allo studio, cancellando il tempo e le ore.
Tutto quello che abbiamo costruito è stato pensato per un tempo estremamente breve, solo due appuntamenti della durata di due ore alla distanza di una settima l’uno dall’altro.
Dopo otto anni non si sa bene quanta gente abbia visto quella mostra.
Di gente ce n’ era tanta, ma sembra che la forza del racconto abbia ormai confuso le cose…the story goes that…

Pantani-Surace 2009

 


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