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Arte 'nativa' in Second Life
Garira Babeli Undercostr 2007
         
ARTEXT <<>> PLANETARY <<>> . una riflessione sulla possibilità di fare arte nei mondi virtuali "
   
   

Museo Pecci
Aspects of Art and
Technoetics 2007 ::

 

Il mio intervento verterà intorno all'arte creata all'interno dei mondi virtuali, creata dunque per i mondi virtuali -
analogamente alle riflessioni interessanti di Simona Caraceni sul Museo come esperienza tecnoetica.

Vorrei sviluppare una riflessione sulla possibilità di fare arte, sviluppare un'arte autoctona all''interno dei mondi virtuali, concentrandomi sopratutto su Second Life.
Facendo una breve premessa su alcuni esperienze precedenti, di interventi specifici nei mondi virtuali, premettendo che appunto con il termine virtuale prendo in considerazione ambienti di gioco online, ambienti di chat, precedenti a Second Life, che hanno reso possibile l'arte in una dimensione estremamente liminale e periferica e, sopratutto per quanto riguarda i video- game, mal tollerata da certi utenti.

Per questo motivo l'arte, l'attività artistica all'interno dei mondi virtuali ha preso spesso la forma della performance, certo perché si adatta meglio ad ambienti che non offrivano fino a quelli più recenti - come la piattaforma Second Life, strumenti per sviluppare una attività artistica auctoctona in termini di creazione di immagine, cultura e cosi via.
Sia perché la performance consentiva interventi temporanei che spesso non lasciano tracce all'interno del mondo nel quale si sviluppa.

L'unico caso di intervento costruttivo di un artista all'interno di un mondo virtuale risale al 1997, e si deve a un noto artista concettuale: Lawrence Weiner. Contattato da ada'web3 per lo sviluppo di un progetto in Rete, Weiner decide di concentrarsi sull'idea di Internet come spazio pubblico, luogo di scambio e di interazione, da riprogettare e invadere con i propri celeberrimi “statements”, replicando nello spazio virtuale il suo modo peculiare di utilizzare lo spazio fisico della galleria e del museo. Lo staff di ada'web, una new media venture lanciata tre anni prima dal curatore Benjamin Weil, decide di lavorare con Palace4, un ambiente di chat tridimensionale che sembra, nei secondi anni Novanta, destinato a un sicuro successo. Palace offre ai suoi utenti la possibilità di dare vita a “palazzi” a tema, che possono essere disegnati e arredati di conseguenza.

Gli utenti del programma possono servirsi di questo ambiente come di un qualsiasi spazio pubblico in cui riunirsi e chiacchierare.

 

Questo è molto importante perché ci permette di introdurre la questione di Second Life.
A differenza di molti altri mondi virtuali, Second Life ha una caratteristica molto strana che le ha consentito nell'arco di poco tempo - è nata come ambiente virtuale nel 2003, di diventare un ambiente che potremmo definire un mondo dell'arte. Nel senso che ha attratto al suo interno un gran numero di artisti, ma anche altre tipologie di operatori del settore artistico.
Le caratteristiche per cui Second Life ha potuto evolvere in questa direzione sono evidentemente diverse.

Questo fatto è molto importante. Second Life assomiglia ai giochi di ruolo di massa. Ma Second Life non è un gioco di ruolo online.
Ha molto in comune con le comunità Open Source e Creative Commons - Nel senso che sebbene venga sviluppato da una azienda commerciale, non potrebbe esistere senza il contributo creativo degli utenti, e dà per questo a chiunque la possibilità di intervenire in maniera creativa sul mondo, riconoscendogli ovviamente i diritti intellettuali sulle loro creazioni.

Un altro elemento è la possibilità di creare un mondo virtuale che possa essere, in un certo qual modo, 'il Web 3D' sognato per molto tempo fin dagli novanta, senza che mai gli si potesse dare concretezza.
Non dico che Second Life sia ancora tutto questo, ma sta ponendo le basi per una evoluzione di questo tipo. Il secondo elemento che ha permesso a Second Life di diventare una piattaforma creativa di straordinaria rilevanza è il modo in cui è stato pensato e concepito.
In una intervista, Philippe Rosedal fondatore di Second Life - apparsa di recente su Rolling Stone -
confessa che la rivelazione, il momento in cui da sogno che esisteva nella sua mente ha cominciato a trasformarsi in realtà, c'è stata quando è andato a Burning Man, un festival performativo che si tiene annualmente nel Black Rock Desert del Nevada.

- Lì - dice - io ho avuto la rivelazione di quello che è un costrutto sociale magico, un ambiente collaborativo costituito solamente da artistii che dal deserto creano un capolavoro, una meraviglia dell'arte.
E Second Life dovrebbe essere proprio questo, un sogno iniziale che poi è stato contradetto dall'evoluzione anche commerciale che il mondo di SL ha avuto. Ma spiega bene l'attrattiva che questo ambiente può avere per gli artisti.

Proverò adesso a considerare alcune proposte creative che vengono effettuate su Second Life - ma mi interessa farlo secondo una chiave precisa.
Su Second Life si può creare di tutto. Si è creato un vero e proprio mondo dell'arte alternativo che costituisce in parte un sistema di piccoli mondi dell'arte, alcuni dei quali sono semplicemente una replica di quello che già abbiamo nella realtà: gallerie che utilizzano SL come strumento di icone, ma anche tutta una serie di situazioni, di musei e luoghi espositivi - di produzioni e di contexts che favoriscono lo sviluppo di una pratica artistica autoctona.
Ed anche questa può essere molto variegata - passare dalle immagini, alla creazione di machinimax, alla creazione di sculture e di architetture - allo sviluppo di performance.
Il problema è che in SL non bisogna mai dimenticare che tutto quanto è un costrutto culturale, anche l'Avatar. Il personaggio con cui entriamo nel mondo virtuale è un costrutto culturale e quindi anche l'Avatar può essere fatto oggetto di progettualità artistica..

La cosa che a me sembra interessante è che quasi sempre gli artisti che hanno sviluppato le pratiche più interessanti e più coinvolgenti all'interno di SL, tendono a presentare anche se stessi come opere d'arte e dedicare molta attenzione alla creazione del proprio personaggio.
L'idea di costruire se stessi come opera d'arte non è nuova.
E' sufficiente pensare a Duchamp - ma quello che i mondi virtuali offrono come possibilità ulteriore, è di fatto, la costruzione identitaria che diventa una possibilità accessibile a tutti e non solo agli artisti.

 

Due personaggi abbastanza celebri in SL come Aimee Weber e Anshe Chung si sono conquistate copertine di riviste e contratti - e non credo che avrebbero potuto farlo se non fossero state in grado di costruire una fiction, un personaggio dotato di determinate caratteristiche estetiche ed anche comportamentali che gli permettesse di conquistarsi quel ruolo.

Anshe Chung più che aver guadagnato un milione di dollari in SL probabilmente si è costruita il 'personaggio della milionaria'!
Quindi paradossalmente se un cattivo pittore lo è anche nella vita reale, potremmo ipotizzare come progetto concettuale interessante quello dell'artista che si costruisce il personaggio del cattivo pittore in SL.

Riporto una frase di Mario Gerosa che aveva chiesto a Christiane Paul, la curatrice dei media del Whitney Museum di N.Y - se il suo progetto di costruire una agenzia di viaggi nei mondi virtuali poteva essere concepito come un progetto di arte concettuale, al che lei ha risposto - ...certo, se viene proposto in questa chiave lo può essere tranquillamente!
E quasi tutte le avventure di vita all'interno di un mondo virtuale possono porsi su quel piano, se lo vogliono.

Vi sono poi alcuni artisti che hanno sviluppato delle pratiche interessanti in Second Life, dal punto di vista della costruzione del personaggio.
Ciò che è stato fatto da Eva e Franco Mattes è abbastanza emblematico, tanto più in rapporto alla loro esperienza artistica precedente.
01.org è stato per quasi un decennio un collettivo artistico assolutamente privo di identità e difficilmente identificabile in termini spaziali ed di individualità... quanti sono? I nomi con cui si presentavano erano totalmente diversi!

E inoltre giocavano a interpretare e costruirsi identità fittizia. Hanno costruito un falso sito del Vaticano, hanno interpretato la Nike in una celebre performance pubblica.
Ad un certo punto del loro percorso hanno intrapreso un'altra strada che è quella della trasparenza, ed allora con il progetto 'Life Sharing' (2000) hanno reso il loro computer accessibile agli utenti di Internet che ne potevano leggere le email, navigare tra i loro documenti ecc..
E con 'Vopos' (2002) si sono fatti monitorare per un intero anno, hanno reso possibile, a chi voleva, seguire i loro movimenti sulla mappa del mondo attraverso un trasmettotore GPS.
Poi hanno cominciato a lavorare in Second Life, contemporaneamente, a far emergere accanto alla sigla - punto-org - due nomi : Eva e Franco Mattes, che a loro volta sono costruzioni identitarie le quali però non sono stati reali, in qualche modo, finché non si sono presentati così in Second Life.

Qui si sono fatti fare degli Avatar molto realistici che riprendono in tutto e per tutto i loro lineamenti.
Se li vedete nella realtà, sono un poco meno muscolosi ma sostanzialmente uguali - ... noi abbiamo interpretato identità fittizie per tutta la carriera artistica, in Second Life dove puoi essere qualunque cosa, noi vogliamo essere noi stessi - dicono.
E quindi per molti, la prima possibilità di incontrarli.
Hanno realizzato dei ritratti in 3D che sono le performance eseguite in Second life, - 're-enactment' - rifacimenti di celebri performance '60 e '70 che indagavano alcuni aspetti della sessualità, del corpo e della violenza, cercando di capire quanto queste pulsioni possono avere senso in un mondo virtuale.

 

Quando per esempio nella performance di Chris Bourden, se viene sparato ad un braccio - a parte il rituale della performance, non succede assolutamente niente, rimane la dimensione spettacolare ma non quella fisica. Eppure questi sono corpi - e se parlate con utenti di SL potrete percepire una grande affezione per il proprio corpo digitale ed il loro destino. Per cui la riflessione che loro pongono rimane ambigua.

Parlerei anche di Gazira Babeli - un Avatar artista che ha deciso di non svelare mai l'identità del suo alter ego reale. E' una pratica molto diffusa tra gli utenti di Second Life - ma tra quelli che hanno una identità pubblica, come molto spesso succede per gli artisti che vogliono che il merito della loro attività in Secon Life sia attribuita ad una persona particolare, di solito esplicitano il nome della persona che sta dietro l'Avatar, Gazira Babeli non lo ha fatto e questo forse l'ha resa l'artista più reale in SL, perché non concepisce o non permette di concepire altra possibilità di esistenza al di fuori del mondo virtuale - è lì che esiste, al di fuori di Second Life Babeli non è nulla.

E probabilmente Gazira Babeli è una delle artiste che più di tutte ha concentrato il suo intero progetto creativo sulla costruzione di una narrativa e di un personaggio. In un mediometraggio realizzato da lei in SL, la sua vicenda viene narrata nelle forme leggendarie a sua volta mutuate dalle storiche vicende degli eremiti - inoltre le stesse opere che Gazira Babeli realizza in SL sono prevalentemente impostate sulla nozione di corpo digitale, di emozione all'inteno del mondo digitale, e sulla distruzione spesso del corpo digitale.

In una delle sue operazioni più celebri - su di una sedia, l'Avatar che vi si sofferma viene distrutto. Per recuperare il proprio personaggio bisogna uscire e entrare in Second Life - quindi virtualmente bisogna suicidarsi.

Pubblico
C'è qualche ragione per la quale molte delle cose proposte in Second Life sono dei rifacimenti, come la performance di Beuyce di Eva e Franco Mattes, ecco questo fa parte della logica di questi mondi oppure ci sono altre ragioni?

Domenico Quaranta
Si e no. Nel senso che il re-enact in SL è la condizione culturale del mondo virtuale, Seconda Vita! Gia dal nome lo vuole essere.
In realtà io credo che tutti questi esperimenti di rifacimenti di qualcosa che c'è - per il momento, tendono a sondare le possibili differenze tra i due modi di vita, piuttosto che a puntare ad una analogia tra i due.
La seconda risposta la potrei lasciare a Gazira - ...che quando ha cercato di applicare la categoria delle rimediazione della sua opera, ha detto di essersi sempre sentita infastidita dal concetto di rimediazione perché quello che lei cercava era l'azione -

E' vero, dal punto di vista delle interfacce tutte le cose che vediamo possono sembrare molto simili a quello che succede nella realtà, ma in tutti questi casi ci troviamo di fronte a script, a codici - in ultima analisi a forme testuali che vengono trasformati in azioni, per cui, più che rimediazione si potrebbe parlare di azioni, per tutte queste cose, compresa pure le performance degli 01.org che sono performance interamente codificate, e quindi privano la performance come la intendiamo in senso tradizionale, di tutte le caratteristiche di partenza - improvvisazione, la relazione con il contesto, la fine non determinata e cosi via.

 

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