dacia manto     
  Walden, azione, Ravenna, 2009  
Dacia Manto  
Tracce Mobili  
 
   
 

 

TRACCE MOBILI

 

  'Eppure esiste una relazione, una piccola relazione che si espande come l'ombra di una nube sulla sabbia, di una forma sul fianco di una collina…' Wallace Stevens

Mi piace pensare al mio lavoro come a un progetto aperto, un disegno in divenire, continuamente soggetto a modifiche, ampliamenti, cancellature, ripensamenti, smarrimenti, ritorni. Si può dire che i dettagli affollano e consumano le nostre vite ed esperienze, segnano il nostro passaggio attraverso il tempo, attraverso spazi che occupano la nostra esistenza quotidiana.
Ma vi sono cose che non sembrano solo dettagli di passaggio, cose che inspiegabilmente mi attraggono, sembrano catturare lo sguardo, si imprimono nella memoria; allora è il corpo che tento di ascoltare, il corpo che è la soglia sul mondo.
Il corpo le cui sensazioni con il loro fluire sono capaci di rompere gli orli e i limiti dello spazio definito. Così' infine mi ritrovo a vagare tra la periferia e il centro, il fuori e il dentro, la sostanza e il vuoto del corpo. La pausa è ciò' che scandisce la frase, il vuoto è ciò' che ci da' possibilità di fare spazio al pieno, in un un gioco continuo tra spazio e tempi immaginari , caleidoscopici. Basta cambiare posizione per entrare in una riflessione diversa. E i luoghi, i tempi, gli oggetti, si restringono e si dilatano, senza regole. Così', se l'oggetto è forse tutto ciò che è percepito come altro da se, tuttavia esso assume forma e significato proprio in una infinita e reciproca influenza.

'Lo spazio è un dubbio, devo continuamente individuarlo', scrive George Perec, e questo riporta ad un necessario aggirarsi nel vuoto. Ma a questo punto, si potrebbe ritornare ad una frase di Wallace Stevens, il quale già apriva questo mio scritto.
'Io sono ciò che mi circonda'.
Dunque il cerchio si chiude e si riapre.

Questo oscillare tra il dentro e il fuori non è altro che il porsi su di una soglia, sulla porta aperta costituita dal corpo. Sul valico di questa apertura si fa possibile un'esperienza del mondo.
La soglia è la pelle. Mi affascinano le superfici.
Le superfici che restituiscono, o persino diventano, la forma del loro interno.

Questa corrispondenza appartiene alla natura ma vorrei fosse anche una direzione possibile del mio lavoro. Restituire, ricostruire, forse creare nuove corrispondenze.

I miei paesaggi matematici ricostruiti, paesaggi a volo d'uccello, sono geografie elaborate dal mio gesto, geografie imperfette che spesso hanno origine dalle immagini colte da occhi meccanici.Mi affascinano gli scarti, gli errori, le imperfezioni che nascono dall'ambiguità tra lo spazio misurabile e lo spazio vissuto.
E' in quel limbo, in quello scarto, nella voragine che esso spalanca, che l'opera può trovare luogo.

 



 

Gli spazi di indagine che più spesso ho toccato nel mio lavoro sono spazi distanti di cui abbiamo solo una percezione già filtrata.. l'emisfero celeste, l'Antartide, una città nel deserto, o l'alveo di un tratto del Gange. Si tratta di panorami fisici che mi richiedono un approccio corporeo, che muove attraverso i timbri dei sensi. Ma l'indagine dei luoghi più vicini a me- siano essi fiumi, specchi d'acqua, residui di boschi planiziari, periferie marginali e semiselvatiche- si muove direttamente attraverso un'immersione in essi, attraverso il cammino, la sosta, lo scorrere lento del tempo, il porre attenzione. L'esercizio dello sguardo passa attraverso la fotografia, il disegno, il video, l'archiviazione di frammenti, e finisce per aprire mondi propri, paesaggi inaspettati e sfuggenti.

Mi interessa molto l'indagine scientifica di tutto ciò che mi circonda, di seguito sento necessaria una conoscenza più intima, che passi attraverso il fare con le mani, la rielaborazione tattile dello spazio e degli oggetti. E' quasi un tentativo di appropriazione, un lento avvicinamento, fino ad arrivare allo scompiglio che può tramutarsi in gioco, in mirabilia. Il caos è generoso, solo da lì si può tentare un ordine.

Entrare nella tessitura delle cose, tentare di avvicinarsi per poi tornare a guardare dal fuori. C'è una parte apparentemente narrativa nel mio lavoro, tuttavia non è la descrizione dell'esistente che mi interessa, piuttosto il ricercare per poi ricostruire una sorta di partitura sensibile. Che infine è soprattutto una scrittura. Una lingua di segni, una partitura ritmica che tenta di portare allo scoperto un gorgoglio sotterraneo, una nascosta euritmia.

Colleziono materiali di diverse provenienze e derivazioni che poi attendono di trovare la loro forma. Si tratta di un'attrazione che ha inizio dallo sguardo. Ho iniziato collezionando ciò che era lucente e candido, come una gazza, poi entravano in gioco urgenze, pensieri, desideri, ricerche. Anche in questo c'era il tentativo di ricomporre una scrittura luminosa, la sensibilità alla luce e alla sua assenza, che diventa ancor più manifesta nei miei disegni. La grafite, da me usata per accumulo e sottrazione da molti anni, come molti dei materiali che utilizzo, ha una lucentezza, una qualità satinata, specchiante e volatile insieme.

Sono grata al disegno perché è il mezzo più povero, più economico, più immediato all'apparenza, che non necessita di nulla. Ed è quello in cui impiego più tempo. Credo proprio si possa parlare di una sorta di 'ecologia del disegno.'

Così i miei disegni sono per me sempre cantieri aperti, lavori indefiniti e mutevoli che crescono attraverso strati su strati come vegetazioni, sfuggendo al mio stesso controllo, ramificandosi ovunque trovano uno spazio bianco, fino a macerare il foglio, fino a saturarlo e renderlo traslucido. Divengono essi stessi territori liquidi, marginali, precari, in trasformazione, autonomi perché non soggetti a regole ma solo ad una sorta di equilibrio, vorrei dire ecosistema, interno ad essi. Per questo io li sento come gli unici territori realmente liberi, essi sono uno spazio mentale, anarchico, gli unici territori che possono rimanere tali.
Resta difficile per me decidere quando sono 'finiti'; la mia urgenza a riempire tutto lo spazio, questa sorta di horror vacui all'interno dello spazio del foglio, porta ad uno sfaldamento dell'immagine. E il disegno stesso finisce per divenire mappa, specchio, terreno in cui perdersi, in cui si tenta di riconoscere qualcosa, di appigliarsi a qualcosa di conosciuto. I dettagli ingannano.
Più l'immagine cresce, più si sfalda, si carica di ambiguità.

'Intendo per immagini in primo luogo ombre, poi i riflessi nell'acqua e in tutti gli oggetti formati da materia compatta, liscia e lucida., e ogni fenomeno simile. ' (Platone, Repubblica, VI, 509 e 510 a)

Ricercare una forma, e allo stesso tempo accorgersi dell'impossibilità di fissarla, fermarla; la forma è un desiderio. L'immagine è parvenza, fantasma, miraggio incorporeo e sfuggente. E' il desiderio di farsi corpo. Un desiderio è ricerca inesausta ma allo stesso tempo, mutevole: per rimanere tale, deve spostare il suo obbiettivo sempre un poco più in là.
Quanto più cerco di avvicinarmi ad una immagine più essa sfugge.

Questo accade anche in alcuni dei miei primi video, che ho realizzato con l'intervento, l'elaborazione e la sovrapposizione di miei disegni, anche qui come in una partitura luminosa e timbrica. Le immagini possono sembrare statiche ma sono in impercettibile movimento. Ci si accorge di un cambiamento solo quando è già avvenuto.
C'è un processo di crescita, di trasformazione, ma è ancora lontano dal cogliere la realtà delle cose.

 

Molti sono i testi che mi hanno accompagnato in questi anni nel mio avvicinarmi lento, disegnando strade e sentieri paralleli che spesso si riavvolgono riportandomi a corrispondenze ineludibili. Tutti provengono da ambiti diversi, dalla scienza alla letteratura, ne citerò solo qualcuno:

D'Arcy Thompson  Crescita e forma. - La geometria della natura
Henry David Thoreau  Camminare. Walden. L'agire del mondo.
Jean Marc Besse  Vedere la terra. Sei saggi sul paesaggio e la geografia
James L: Gould Carol Grant Gould - L'archiettura degli animali. Nidi, tane, alveari
Gianni Celati  Verso la foce
Cristina Campo  Gli imperdonabili
A.S. Byatt  Possessione
Maurice Merleau Ponty  L'occhio e lo spirito
Josif Brodski  Fondamenta degli incurabili
Gilles Clement  Où en est l'herbe?  Manifesto del terzo paesaggio  Le jardin planetaire Nuages
John Ruskin  Gli elementi del disegno
Ernst Haeckel  Art forms in nature


 
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